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Writer's pictureRedazione di Carliweek

L’arte e la dominazione straniera

La Biennale di Venezia di quest’anno, il cui titolo è Stranieri ovunque - Foreigners Everywhere -, ha ospitato artisti provenienti da tutto il mondo. Curata da Adriano Pedrosa, era suddivisa in vari padiglioni rappresentativi di paesi sia occidentali che orientali. Sono stati accolti per la primissima volta Etiopia, Repubblica Unita della Tanzania, Repubblica del Benin, Repubblica Democratica di Timor Leste. Il presupposto è che ovunque ci troviamo, siamo tutti stranieri. Se l’arte, dunque, cerca di unire con armonia i paesi fra di loro, alcune installazioni hanno come l’obiettivo la denuncia storica. Ne è un esempio Pablo Delano, artista visivo e fotografico con forte interesse per gli archivi storici. 



La sua installazione, intitolata “Museum of the Old Colony” si basa su materiali di archivio che raccontano la storia del suo paese natale Porto Rico. Successivamente all’arrivo di Cristoforo Colombo, Porto Rico è stata dominata dagli stranieri. La prima fu quella spagnola, la quale portò in patria molti schiavi africani, obbligati a lavorare per la famiglia reale. Per questa motivazione la popolazione indigena, che fino a quel momento popolava l’isola, andò scomparendo lentamente. L’arrivo degli spagnoli turbò particolarmente questo paese, che divenne in pochi anni oggetto di conquiste da parte degli inglesi e francesi. I portoricani iniziarono a insorgere e nel 1897 Muñoz Rivera, insieme ai rivoluzionari, persuasero il governo spagnolo a riconoscere e accettare lo statuto di autonomia del paese. Dopo la guerra ispano - americana del 1898, Portorico divenne territorio degli Stati Uniti d’America. Delano, nella sua mostra, cerca di riportarci al secolo scorso, nel culmine della dominazione. Portorico, come molti altri paesi colonizzati, ha subito forti trasformazioni a livello economico, politico e sociale. La popolazione inoltre fu dimezzata a causa di continue epidemie e dello sfruttamento. Le condizioni di vita furono difficili, e come qualsiasi dominatore, la cultura americana fu imposta ai portoricani. Nel 1946, a seguito di un tentato assassinio al presidente Truman, venne nominato un portoricano come governatore. La fedeltà a Washington era innegabile: quasi tutto dipendeva dagli americani. Il sistema economico inoltre subì un cambio di rotta con l’avvento dell’industrializzazione. Delano mette in mostra scatole di carne prodotta e importata dagli USA, foto di John Kennedy nella sua corsa alle presidenziali, bambini insieme a soldati americani. Il tema centrale è dunque la colonizzazione e gli effetti della stessa nella storia di paese che ha un’identità culturale costruita da altri. L’artista ci invita a riflettere su come il colonialismo possa lasciare delle ferite non rimarginabili. Attualmente, gran parte degli abitanti è favorevole a diventare parte degli Stati Uniti. Questo loro attaccamento alla cultura americana ha privato Porto Rico di un’identità propria e di una storia libera, senza conflitti. L’isola caraibica è ancora molto legata ad altri paesi latino-americani, seppur come Cuba ha altri interessi politici ed economici. L’artista nasce nel 1954 durante l’occupazione e in un’intervista sostiene di aver scelto questa tema poiché vissuto in prima persona. Racconta di come i soldati si comportassero da padroni, maltrattando i cittadini e denigrando il luogo. Narra di gerarchie, basate sulla razza, che creavano diversificazioni all’interno della comunità. L’artista denuncia l’impatto che le multinazionali statunitensi hanno avuto su Porto Rico, ottenendo un’egemonia sul mercato del paese. Ho ammirato nell'installazione l’oggettività del curatore. Sta a noi come interpretare ciò che vediamo: c’è chi potrebbe vedere del pensiero “antiamericano” o a suo sostegno nei pezzi di archivio, o chi come me una semplice rappresentazione storica di un paese totalmente sottomesso. È nostra libertà comprenderlo. 


C. Zanini, 5ªA

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