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Cambio valori, cambio direzione

La Finlandia, il paese dei mille laghi, dell’aria pulita, delle passeggiate nei boschi e dell’acqua cristallina, che vanta il sistema scolastico più moderno del mondo, evoluto ed egualitario — così ci raccontano — confermatasi nello scorso marzo, secondo il World Happiness Report, il Paese più felice al mondo, nelle recenti elezioni parlamentari ha «virato a destra». L’espressione più usata dai giornalisti italiani dopo l’esito delle elezioni parlamentari finlandesi utilizza proprio il verbo «virare». Curioso! È come se i redattori italiani pensassero ai finlandesi come ad un popolo di navigatori, confondendoli forse con i vichinghi, che invece erano svedesi, norvegesi e danesi, non finlandesi; solo una minoranza finlandese discende dai vichinghi. Anzi, per dirla tutta, la storia del popolo finlandese ci presenta più pastori e pescatori che navigatori, con una lingua di origine uralica, non scandinava. Il primato di felicità finlandese è stato assegnato, per il sesto anno consecutivo, considerando parametri come l’aspettativa di vita in buona salute, il sostegno sociale, il reddito pro capite, il basso livello di corruzione, la generosità della comunità e la libertà personale nelle scelte di vita. Se tanto mi dà tanto, questi parametri avranno pur beneficiato di buone politiche pubbliche del governo precedente socialdemocratico, certo unite alle azioni del mondo imprenditoriale e della società civile. E allora, perché il cambio di rotta nelle recenti elezioni dello scorso 2 aprile?

Analizzare le cause che hanno portato gli elettori finlandesi allo spostarsi a destra non è semplice. Leggendo il quotidiano Helsingin Sanomat, il principale quotidiano finlandese, scopriamo che la percentuale dei votanti è stata del 68,50% degli aventi diritto, in calo, pur se modesto, dello 0,23% rispetto al 2019. Poco invitante a recarsi alle urne sembra sia stata l’aggressività vista nell’ultimo dibattito preelettorale in televisione, il 21 marzo, dove i principali candidati — Purra, Marin e Orpo — hanno litigato con toni accesi, cosa assai insolita in Finlandia e che ha lasciato sgomenti molti finlandesi. Chissà cosa penserebbero dei dibattiti televisivi italiani, dove certi politici riescono anche a insultarsi pesantemente se non addirittura arrivare alle mani! In Finlandia, a spoglio avvenuto, le previsioni degli analisti sono state confermate: destra al comando. Sanna Marin, ex premier ed ex leader dei socialdemocratici — da questo ruolo si è dimessa il 5 aprile, dopo la sconfitta elettorale — che qui conosciamo più per il balletto divertito postato su TikTok, mostrato anche dai pettegoli telegiornali italiani, che per le sue azioni politiche, è stata sconfitta dai conservatori del centrodestra di Orpo.


In realtà, ciò che colpisce è soprattutto il risultato dell’estrema destra populista, che diventa la seconda forza del Paese, guidata dalla mordente Purra. («Purra» in finlandese vuol dire proprio «morso».) Consentitemi una battuta: «Òrpo!», direbbero i bresciani, chi con intonazione divertita e chi più preoccupata.


Nelle elezioni finlandesi, con sistema proporzionale, dove i seggi sono assegnati per circoscrizioni in base alla popolazione, il partito più votato è stato quindi il Partito della Coalizione Nazionale (NCP), guidato dal 53enne Petteri Orpo, che ha ottenuto il 20,7%; secondo posto per l’ultradestra di Veri Finlandesi — attenzione al nome — con il 20,1%. La formazione socialdemocratica di Marin è arrivata terza, fermandosi al 19,9%. In realtà Marin non ha perso voti, anzi; li ha guadagnati rispetto alle elezioni precedenti del 2019, ma sono gli altri partiti della sua coalizione — Centro, Verdi e Sinistra — ad essere scesi nelle preferenze. In Italia si direbbe che abbia vinto comunque! Da noi funziona così: nessuno perde, anche se i numeri dicono diversamente.


Per Marin ora c’è comunque un forte riconoscimento internazionale, perché tra gli artefici dell’ingresso finlandese nella NATO. Certo vi è stata la forte spinta turco-americana; la Turchia ha infatti ceduto all’ingresso della Finlandia, ma ad alto prezzo per gli americani: in cambio di armi e mezzi aerei militari. Paradossalmente, l’ingresso della Finlandia nella NATO è stato formalizzato il 4 aprile 2023, 48 ore dopo le elezioni che hanno segnato la sconfitta di Marin, proprio lei che tanto si era impegnata per questo, appoggiata comunque da tutte le forze politiche dell’Eduskunta, il parlamento finlandese. A dire il vero, la richiesta di aderire all’alleanza atlantica era già caldeggiata dai conservatori di Orpo ancor prima di Marin, quando la Finlandia era ancora neutrale, la minaccia russa non si era apertamente palesata in Europa ed Helsinki preferiva mantenere buoni rapporti con Putin.


Orpo, il vincitore delle ultime elezioni, già capo del partito conservatore liberale finlandese Kokoomus, già vicepremier, già ministro delle finanze, ministro degli interni e ministro delle politiche agricole, quindi con grandi esperienze alle spalle, ha basato la sua campagna elettorale sull’economia, con la promessa di tagliare le tasse e diminuire il debito pubblico che ora è di 144 miliardi di euro, salito dal 66% al 73% del PIL nell’ultimo anno. (Quello italiano è pari al 145% del PIL, ma quello della Svezia, paese esempio per i finlandesi, supera di poco il 34%.) Il dato è allarmante per il paese che è sempre stato attento ai suoi conti di bilancio. La causa? Per Orpo l’aumento è dovuto al fatto che Marin, che nulla ha tolto al 29% del PIL da usare per il welfare, ha voluto chiedere prestiti per rafforzare le sue difese dopo l’invasione dell’Ucraina. Orpo ha così annunciato un possibile ritorno all’austerità, criticando l’esecutivo di Marin per la gestione delle finanze statali, insistendo sugli sprechi di denaro pubblico a favore di ceti popolari e soprattutto di stranieri.


Orpo ha così promesso sei miliardi di tagli su case popolari e sussidi di disoccupazione. Il partito di destra nazionalista e populista Perussuomalaiset — tradotto, come detto, in Veri Finlandesi — guidato dal 2021 dalla leader 45enne Riikka Purra, divenuto il secondo partito, aveva presentato un programma anti-immigrati e anti-Unione europea. Anche in Finlandia l’idea di migranti come parassiti o criminali ha attecchito da tempo. Non aiuta certo alla volontà di apertura lo sguardo rivolto alla Svezia, in passato generosamente accogliente, dove si assiste all’esplosione di gang criminali di immigrati. Da qui, le politiche proposte da Purra contro la criminalità, che si collegano allo stop al diritto d’asilo. La stessa Purra racconta che da bambina subì violenza da parte di un immigrato e questo è uno dei motivi per i quali secondo lei non può esserci integrazione. Il freno secondo lei va dato anche all’immigrazione economica, ritenuta forza lavoro con bassa qualifica, che non aiuta a rendere più competitiva l’economia finlandese. Sempre in tema immigrazione, ha forse aanche pesato la «jihād dei fiordi» che, in quelli che erano i paesi più sicuri del mondo — quelli nordici appunto — ora si fa notare e ha profonde radici musulmane; è qui, nel disagio socioeconomico della prima e seconda generazione di immigrati, che sembrano essere più facili i reclutamenti islamisti, con l’ultimo arresto in Finlandia lo scorso marzo — uno spagnolo, residente da diversi anni nel paese nordico, accusato di terrorismo islamico. Ma i finlandesi temono anche altri immigrati, soprattutto quelli che arrivano dalla Russia; è infatti iniziata in questi giorni la costruzione della barriera al confine sudorientale, già voluta da Marin. Le linee programmatiche dei Veri Finlandesi sono collegate anche a clima ed energia, a partire dalla richiesta di non rispettare l’impegno per la neutralità climatica nel 2035 — «carbon-free» da spostare al 2050 — perché, secondo Purra, danneggia la gente comune in questo momento di economia in flessione.


È sui social che i rappresentanti dell’estrema destra hanno fatto regolarmente leva sulle paure della gente e sulle loro preoccupazioni anche per l’inflazione e i prezzi elevati dell’elettricità, riportando in primo piano le posizioni apertamente euroscettiche, con la «Fixit», ovvero l’uscita della Finlandia dall’Unione europea, già cavallo di battaglia del partito. L’ampio consenso per la destra ultranazionalista è stata spiegata dai politologi anche con la capacità di Purra di usare un linguaggio semplice e diretto, come quello della gente comune. La forte presenza sui social network, TikTok soprattutto, sembra abbia portato molto appoggio tra i giovani. Ha fatto breccia, quindi, la nuova forma pubblicitaria e propagandistica con video brevi, spesso divertenti, tesi a ironeggiare sugli avversari. È così che Purra ha conquistato una grande fetta di preferenze giovanili, con un linguaggio facile da comprendere, che non richiede molti sforzi, neppure di conoscenza politica.


In Finlandia hanno quindi vinto i due partiti di destra, che erano prima all’opposizione. Definiti gli esiti elettorali, ora Orpo dovrà avviare i negoziati per formare la nuova maggioranza; servono 101 deputati sui 200 del parlamento, ma lui e Purra arrivano a 94. Le consultazioni di Orpo inizieranno il 17 aprile, poi sapremo se si stabilirà una coalizione rosso-blu capeggiata da Orpo e Marin, con Purra all’opposizione, oppure giallo-blu, guidata da Orpo e Purra; comunque ci sarà bisogno dei seggi mancanti, da trovare o al Centro a tra i Verdi. Siamo però quasi certi che Orpo ce la farà, perché a differenza di altri paesi, Italia in primis, la Finlandia si è distinta nel corso della sua storia per la tendenza alla cooperazione tra i partiti. Là, anche l’opposizione propone e vota ciò che è bene per il paese, non si limita a criticare e denigrare tutto ciò che fa la maggioranza, solo perché fatto dalla maggioranza. Certo Orpo troverà una soluzione per non lasciare, in un momento complesso come questo, senza governo il suo paese che ha democraticamente scelto i suoi rappresentanti.


Riepilogando, cosa ha portato alla vittoria delle destre: propaganda fatta utilizzando tutti i nuovi strumenti comunicativi, social network soprattutto; il linguaggio semplice; la promessa di abbassare le tasse; la posizione contro gli immigrati che tolgono il lavoro, pur non essendo manodopera specializzata, e che vanno alloggiati e mantenuti, qualora non lavorassero; il razionamento della spesa pubblica, anche se ancora non si sa quale settore ne farà le spese; la leva sulle paure che siano di una guerra — lungo i 1.300 chilometri di confine con la Russia — o di organizzazioni criminali di immigrati con nessuna possibilità né volontà di integrazione; la contestazione all’Unione Europea che, pur se ha dato soldi al Paese, decide senza valutare le difficoltà dei popoli, non garantisce sicurezza né omogeneità nelle diversità dei paesi aderenti, con il rischio di far pesare i fallimenti degli altri anche sulle tasche dei finlandesi. Il dato di fatto che è sotto gli occhi di tutti è che un po’ in tutta Europa vi è la tendenza alla vittoria delle destre: Svezia, Italia, Ungheria, Bulgaria, ora Finlandia, e le attrattive elettorali sono più o meno sempre le stesse. Gli occhi sono già puntati ai prossimi appuntamenti con le elezioni in Polonia, ma soprattutto in Spagna, alla fine dell’anno. Il timore a Bruxelles è che possa allargarsi l’ondata della destra populista euroscettica e questo alla vigilia delle elezioni politiche europee del 2024, che non sono poi così lontane.


G. Consolandi

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