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Negare il voto al futuro

Il 25 settembre 2022, il 63,91% degli italiani aventi diritto di voto ha deciso di recarsi alle urne per votare. Quindi, più di un elettore su tre non l’ha fatto, non si sa per quale motivo: potrebbe essere stato a causa di un impedimento fisico, o per una scelta volontaria per delegittimare il sistema, oppure perché non si sente parte della società in cui vive. Spesso, una persona che vive sola, per età avanzata o per destino, ha scarsi rapporti sociali che stimolino alla partecipazione attiva al dibattito politico e all’esercizio del voto: un diritto, ma anche un dovere. Nell’articolo 48 della Costituzione italiana si legge infatti che il voto è un «dovere civico», e i deputati dell’Assemblea Costituente sapevano bene il significato delle parole.


L’atto pratico di votare, in realtà, non è semplicissimo. Il cittadino che ha votato aveva prima deciso di farlo, sapeva in quali giorni e orari le urne sarebbero state aperte, e si è recato al seggio della sua circoscrizione per tracciare una croce su una scheda, nel segreto della cabina elettorale, scegliendo così tra diversi candidati. Forse, prima di votare, aveva cercato informazioni su un partito o un movimento politico, magari parlando con altre persone in casa, in oratorio, a scuola, in ufficio, in fabbrica, al bar… È qui che entrano in gioco i rapporti personali, che sono fondamentali perché anche questi fanno parte della politica. La politica nasce infatti quando gli uomini e le donne discutono e parlano delle loro preferenze e dei loro bisogni, cercando di influenzare i politici.


Votare significa quindi contribuire al bene comune, esprimendo le proprie preferenze che possono anche far cambiare il percorso politico di uno Stato. E se anche i sedicenni votassero? Sarebbero pronti e coscienti dell’importanza del gesto? Il dibattito, che si ripresenta ciclicamente, è stato ancora una volta riaperto. L’ultimo, in ordine di tempo, a rilanciare l’idea di abbassare l’età al diritto di voto è stato il leader — ora dimissionario — del Partito Democratico Enrico Letta, ma prima di lui l’ipotesi fu sollevata da Veltroni (2007), Boeri (2011), la Lega Nord (2015), Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle negli ultimi anni… È poco chiaro se vi sia l’interesse di qualche partito politico per accaparrarsi i voti dei più giovani che, in realtà, non avrebbero grande influenza, visto che si tratta di poco più di 1 milione di individui e che potrebbero solo votare, non sedere in parlamento. Intanto, tra social, giornali, TV e politici, il dibattito corre tra i pro e i contro, ma, come sempre, senza sentire loro, i diretti interessati: i giovani.


Se Austria, Malta ed alcuni Länder tedeschi hanno già dato il diritto di voto ai sedicenni, in Italia le cose sembrano un poco più complesse, anche per la mancanza di vera attenzione dalla maggior parte dei giovani coinvolti. Ascoltando la platea, grazie ad un sondaggio di ScuolaZoo condotto su 72 mila ragazzi nel 2019 — sono i dati più recenti — il 75% è contrario alla proposta, soprattutto per la mancanza di informazione politica, cosa che impedirebbe ai più giovani di esprimere scelte consapevoli.


Anche da un altro sondaggio, proposto da Skuola.net, emerge il poco interesse e per lo stesso motivo. Subito, nella caccia ai responsabili della disaffezione giovanile per la politica, si addita la scuola, il più facile dei capri espiatori, accusata di non fornire le giuste basi conoscitive. In realtà, ci sarebbero altre riflessioni da fare e altre responsabilità da cercare… Nessuno toglie al singolo la possibilità, ad esempio, di leggere la Costituzione, partecipare alla cittadinanza attiva, alla solidarietà, al volontariato, all’associazionismo giovanile: tutte strade percorribili per scoprire il sapore del bene comune e avvicinarsi alla politica; non serve che tutto ciò passi per forza dalla scuola che, a seconda delle tendenze politiche dei docenti, potrebbe anche influenzare i discenti!


È quindi, a mio parere, una questione di volontà e responsabilità, verso gli altri e verso sé stessi. Votare non è passeggiare con il proprio cane, o fare un giro in bici, o andare allo stadio… è scegliere chi può governare il Paese, non chiudendo le porte alle esigenze dei più giovani. Personalmente, penso che i sedicenni siano in grado di esprimere la propria opinione, votare secondo la propria coscienza critica e non con il cervello di altri; basta volerlo fare, informandosi, parlando, incontrandosi, discutendo, pensando al proprio «Future», magari non solo «on Fridays».


G. Consolandi

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