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«Io sono di destra», «Io di sinistra»

Dici: «Io sono di destra», «Io di sinistra». Ma, in realtà, cosa ne sai? Lasciamo da parte gli stereotipi che vogliono la maggior parte dei giovani di sinistra e solo alcuni di destra, quelli che dicono che solo il “Che” è per i giovani, che tutta la cultura è da una parte, che tutto il male è dall’altra. Io penso che il bene non sia solo da una parte e così il male.

Al di là di momenti di “caduta”, e nella storia se ne trovano da entrambi i lati, di crimini, anch’essi da ogni parte, di rivalutazioni… Tu sai davvero da che parte stai quando dici «Sono di destra», «Sono di sinistra» o anche «Non me ne frega niente e non sto da nessuna parte»? Ognuno è libero di esprimersi nel nostro paese, per fortuna. Alla nostra età neppure possiamo ancora esercitare quel meraviglioso diritto-dovere che è il voto, l’atto di affidare a qualcuno il bene di tutta la comunità, non solo di te stesso. Ma chi vuoi prendere in giro? Non sai quanti siano gli intrallazzi, i voti di scambio, gli interessi dei grandi, i finanziamenti leciti o illeciti che girano tra i banchi dei partiti politici?

Spesso i politici, che ormai vediamo più nei talk o sui social che in Parlamento, sembrano macchiette uscite da una commedia all’italiana degli anni novanta: figure davvero imbarazzanti. Quindi, a chi affidare il nostro futuro di cittadini? A volte si sente dire «Voto il meno peggio»; a me sembra una battuta di pessimo gusto. Abbiamo il diritto di avere il meglio, non il meno peggio. I nostri nonni o bisnonni si sono impegnati, non si sa se da una parte o dall’altra, per quello in cui credevano e, per loro, non era il meno peggio. Si badi bene: non ho scritto «hanno lottato», perché «lottare» porta alla mente l’uso della forza, spesso violenta, e di violenza, fisica e verbale, ce n’è già abbastanza in giro.

Si sente anche dire: «voto la donna o l’uomo, non il suo partito». A mio vedere, questa è la frase più ingannevole e incoerente che io possa sentire. Se una persona si lega ad una linea politica è perché ne dovrebbe condividere i valori; votandola, si appoggia la linea di pensiero del suo partito. Ma questi politici sanno dove stanno? O si legano ad una bandiera solo per comodità? Perché, comunque, di differenze ce ne sono. Facciamo una breve sintesi per punti, sulla base delle priorità e posizioni nella storia.

Destra: tradizione e conservazione, gerarchia, status, merito. Per la destra prevalgono i diritti negativi di prima generazione che proteggono l’individuo dagli eccessi dello Stato — diritto di voto, libertà di parola e di religione, diritto al giusto processo — ed è composta da conservatori, patrioti, nazionalisti, con un forte sentimento religioso, a supporto dell’ordine ecclesiastico e anche di quello nobiliare. Ha incluso anche liberali, monarchici e fascisti. Per la destra è il libero mercato che deve agire sulla distribuzione delle risorse economiche, appoggiando il capitalismo economico. Nella storia, sta dalla parte degli imprenditori e dei liberi professionisti. Parla di diritti uguali per tutti, ma accentuando le differenze: per la destra le disuguaglianze sono create dalla natura, perciò non eliminabili.

Sinistra: progresso e cambiamento, parità, giustizia, uguaglianza. Per la sinistra prevalgono i diritti di seconda generazione, quelli sociali, a sostegno delle fasce più deboli. È fatta da progressisti, internazionalisti, anticlericali, laici che promuovono una separazione tra gli affari dello Stato e quelli della Fede. Ha incluso nel corso della storia numerosi movimenti e tendenze, tra cui anche i comunisti e i socialisti. Si basa sull’egualitarismo — per cui la disuguaglianza è eliminabile — e sulla ridistribuzione delle risorse da parte dello Stato, perché tutti i componenti di una società vivano in una situazione di “parità”. Storicamente, sta dalla parte dei lavoratori dipendenti in genere e degli operai in particolare. In Italia abbiamo avuto anche un “centro” che ha governato da solo per tanti anni e, più di recente, i cosiddetti movimenti populisti, così chiamati per il loro modo particolarmente demagogico di fare politica, che comunque hanno spesso delle posizioni che facilmente li possono inglobare in una delle due categorie sopracitate.

Da entrambe le parti, in ogni caso, sembra esserci poca voglia di dare spazio ai giovani se non nei bei discorsi astratti fatti nei comizi, perché poi, alla fine, ci ritroviamo con politici di lungo o lunghissimo corso spesso anche “riesumati” dopo cicli politici avversi.


G. Consolandi


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