Giornata Internazionale della donna
Per omaggiare la ricorrenza della Giornata Internazionale della donna, festeggiata l’8 marzo da ormai qualche decennio, abbiamo pensato di proporre una breve conversazione con tre donne, per ascoltare il loro punto di vista sull’importanza di questa ricorrenza. In questo numero di Carliweek potete leggere una delle tre interviste e, sulla pagina Instagram, si potrà trovare un breve video che riassume il pensiero delle intervistate.
Due di loro sono due giovani donne, due adolescenti, che sono quotidianamente esposte ai social media, in cui il femminismo e l’antifemminismo spopolano, tra fake news e critiche.
La terza è una docente, una donna quindi più matura che è anche mamma e che ha quindi vissuto il suo essere donna in maniera più profonda, partendo dall’infanzia, in cui lei stessa ci dirà di essere stata più "abitata" da tabù rispetto alla nostra generazione. Le sue esperienze l’hanno portata a poter osservare periodi diversi nell’ambito del femminismo e della visione della donna in generale.
Tre esperienze diverse, tre persone diverse per età, carattere, abitudini e punti di vista, accomunate dall’essere nate donne in un’era in cui la ricerca della parità dei sessi sta crescendo sempre di più.
D: Lei, da donna di una generazione precedente alla nostra ma con la possibilità di interagire con le nuove generazioni, sia nell'ambito professionale che famigliare, come pensa stiano cambiando le cose nell’ambito del femminismo?
R: Io penso di avere una grande fortuna nel confrontarmi ogni giorno con voi e, quindi, con una generazione che, come hai detto tu, è differente rispetto alla mia. Io, rispetto a voi, alla vostra età ero molto più abitata da tabù, pur essendo cresciuta in una famiglia liberale. Grazie ai social media, ai social network, grazie a un linguaggio che è andato sdoganandosi, voi siete più libere nell’affrontare temi che riguardano il genere, gender gap, pay gap e tutto ciò che è connesso a quello che poi, generalmente, viene chiamato biopolitica del potere sul corpo. Vi trovo molto più libere e liberi, perché in questo unisco anche la capacità che i vostri compagni e i vostri coetanei hanno di confrontarsi. Penso anche che la scuola vi abbia dato questa possibilità: siete cresciuti in un ambiente da questo punto di vista più libero, sia probabilmente nelle modalità di accesso alle informazioni, ma anche nella modalità didattica con cui i docenti si relazionano con voi; quindi sicuramente vi trovo più informati e più liberi nel trattare argomenti che per noi erano tabù. Penso per esempio al discorso riguardante il ciclo mestruale. Ora viene rappresentato, viene anche graficamente visualizzato, così come le parti intime del corpo sia femminile che maschile, senza un aspetto di sessualizzazione, ma solo come fonte di informazione e conoscenza. Questa è la grande differenza che vedo e che tutti i giorni percepisco.
D: Sempre riguardo a questo, secondo lei la strada per il riconoscimento completo della parità dei sessi è già stata percorsa oppure il traguardo è ancora lontano?
R: Questa è una domanda direi “complessa”, se fossimo a lezione. Io sono convinta che siano stati fatti grandi passi avanti ma sto parlando degli ultimi cinquant'anni, con una forte accelerazione anche ultimamente su alcuni piani. Su altri, trovo che ancora ci siano invece delle "gabbie" difficili e mi riferisco, soprattutto, all'ambito lavorativo. L’accesso a un certo tipo di professione, a un certo tipo di incarico, anche istituzionale e pubblico, è ancora precluso al femminile e alle donne. Da un punto di vista scolastico, probabilmente, l’aspetto è in qualche modo sdoganato, come si può vedere da alcuni esempi, anche vicini, nel contesto scientifico e tecnico. Penso alla Facoltà di Ingegneria a Brescia che conta tantissime ragazze iscritte e in alcuni corsi più di altri, ma in ogni caso c’è una grande affluenza verso queste discipline, o anche a Matematica presso l'Università Cattolica di Brescia, che ha dei buonissimi numeri sul femminile. Quindi, si è lavorato tanto in questa direzione e, da un punto di vista accademico-scolastico - secondo me - si stanno raggiungendo pian piano degli ottimi risultati; in realtà poi, dal momento in cui si entra nel mondo del lavoro, a mio avviso si sente ancora un divario notevole di genere, soprattutto riguardante appunto un certo tipo di professione, un certo tipo di responsabilità, certi ruoli chiave; è come se esistesse quello che viene chiamato “il tetto di cristallo”: qualcosa di invisibile, che non c’è, contro cui si va in qualche modo a scontrarsi e credo che questo venga anche relazionato alle scelte della donna, ad esempio quella di diventare madre. So che sono temi magari per voi un po’ distanti, nel senso che. per età, fisiologicamente avete altro a cui pensare, però ancora in Italia - ma non solo in Italia, nella tradizione mediterranea, ma direi anche in gran parte dell’Europa - avere figli è visto ancora come maternità o paternità, poco invece nella dimensione di genitorialità. Sono invece entrambi i genitori che diventano tali e quindi non si capisce perché questo cambiamento debba risultare un appesantimento nell’avanzamento di carriera solo (o prevalentemente) per la parte materna. Se in molti ambiti si è conquistata una parità, questa non riguarda ancora una scelta di vita, come la genitorialità: lì cominciano i divari che spesso non sono solo tra maschile e femminile, ma sono anche tra femmine e femmine e questa è una questione un po’ particolare che andrebbe esplorata.
D: Sempre riguardo alla sfera della maternità, lei da mamma è spaventata per queste future generazioni? Perché comunque io credo, nonostante sia un adolescente che però ha accesso ai social media, che su questo aspetto ancora ci siano dei problemi. Siamo in una società in cui sono molte le persone che ritengano che al maschio debba essere regalato il pallone da calcio, mentre alla bambina la bambola. Questa idea c’era anche quindici anni fa, quando io avevo tre anni, ma credo ci fosse anche quando anche lei aveva la stessa età.
R: Il discorso che stai toccando tu riguarda i ruoli. La società si aspetta dei ruoli di genere per cui se nasci biologicamente con connotati femminili e, quindi, sei sessualmente e biologicamente femmina, ti viene costruito un ruolo. Ci sono delle aspettative sociali per cui ti viene regalata la bambola, la cucina, vieni vestita di rosa - per banalizzare - perché si pensa che appunto tutto ciò che è da accudire o relativo a ruoli che sono stati femminili, si addica di più a te. Tra l’altro su questo c’è un bellissimo video che faccio sempre vedere ai ragazzi delle classi prime, che è stato promosso dalla televisione pubblica Inglese. Nel video viene proposto questo esperimento: vengono presi questi due bambini di sei-otto mesi, un maschio e una femmina; il maschio viene vestito da bambina e la femmina da bambino. Così vestiti, sono portati in stanze da gioco e qui, degli educatori si relazionano con loro nell'attività ludica. L’educatore, o l’educatrice, propongono al bambino, vestito da bambina, quindi per loro una femmina, giochi femminili; mentre con il bambino vestito da maschio, è proposta la macchinina, degli utensili, eccetera… Alla fine, il mediatore mostra agli educatori che quello con cui avevano giocato pensando fosse un bambino è una bambina, e viceversa. Maggiore stupore genera che l'esperimento sia rivolto ad educatori: persone con una responsabilità molto forte nei confronti di tutta la società.
La seconda parte della domanda che mi hai fatto è personale: come madre di due bambine, è stata una dura lotta fin da subito contro le stereotipizzazioni. Perché questo sono, nient’altro. La volontà è quella di lasciarle il più libere possibile ma, al contempo, riuscire a scoprire cosa davvero piaccia loro: i bambini e le bambine non conoscono inizialmente i loro gusti, certo ci sono delle predisposizioni, ma il mondo offre tantissime opportunità. Sì, Petra, a me preoccupa la quantità di stimoli, la velocità con cui vengono offerti dai media. Non è per nulla semplice secondo me essere genitore oggi: io penso però che ciascun genitore si sia trovato nella mia situazione, ovviamente con modalità diverse perché in tempi storici diversi. È un mestiere che si impara ogni giorno ed è il più difficile, e quindi l’idea è quella di provare a seguire un po’ il loro temperamento. Ciò che ritengo sia importante è far vedere loro che esiste sempre un altro mondo: ciò che viene propinato come più semplice, più accessibile, più omologante, è una delle soluzioni, ma non deve essere mai pensata come l’unica. Ho notato che provando a proporre alle mie figlie, insieme al padre, nel corso della loro crescita, degli stimoli diversi, divergenti, questi sono stati sempre colti e accolti; ovviamente poi in base al temperamento delle figlie, declinati di volta in volta in maniera diversa, perché non ti nego che ho - per esempio - la primogenita che è molto affezionata alle modalità di gioco di interazione, più afferenti al femminile, mentre la mia secondogenita è molto più libera; eppure abbiamo proposto ad entrambe gli stessi stimoli. L’importante secondo me è pensare che ci sia sempre un’alternativa e non lasciarsi scoraggiare: gli strumenti sono poi quelli che stai utilizzando tu adesso, cioè informarsi, leggere, confrontarsi. Questo secondo me vale per tutti, in ogni età e all’interno di ogni dimensione storica. Questa è davvero la via di fuga, la salvezza alla quale ci possiamo e ci dobbiamo sempre aggrappare, cioè l’utilizzo dell’intelligenza di fare scelte.
D: Un’ultima domanda: questa è più strutturata e complessa. Spesso, soprattutto negli ultimi anni, da quando il femminismo sta prendendo piede in maniera sempre più forte, si collega ad esempio la Giornata Internazionale della donna, ad un agire contro gli uomini. Sembra che il sottinteso sia che il femminismo sono "donne che odiano gli uomini". Ma non è così.
R: Va scardinata quest’idea: questa dialettica dell’essere contro, dell’essere in antagonismo è una dialettica sbagliata, perché tutte le volte che ci poniamo in contrapposizione forte a qualcosa significa che quella cosa ci fa paura. La Giornata Internazionale della Donna si festeggia per motivi storici ben precisi ed è ancora importante parlarne ma, per avere quella parità che tu hai auspicato prima, una vera parità di opportunità, ovviamente lo si fa insieme come umanità. Io penso che sia una perdita per tutti un femminicidio: è sempre una sconfitta laddove c’è un senso di superiorità dell’uno nei confronti dell’altro, quindi attenzione a non fare il gioco inverso. Se vuoi rifarti alla terza fase del femminismo - l’ultima - questa si occupa soprattutto dei temi di genere, del genderfluid, del transgender, e quindi va oltre al tema della donna: mette in discussione il tema del femminile e quello del genere. Ciò su cui proverei a riflettere però è il recente cambiamento a livello linguistico e comunicativo del tema del femminile, che si esplica anche attraverso degli slogan. “The future is female”, per esempio, è uno dei motti che viene anche postato o messo sulle magliette. È un passaggio importante, ma attenzione a non fermarsi lì, perché altrimenti risulta poco fecondo. Quindi benissimo parlarne, benissimo manifestare il proprio pensiero, ma senza schiacciare l’altro, anzi aiutandoci a vicenda: insieme in questo percorso che è evolutivo per l’intera umanità e non solo per una parte dell’umanità. Ogni bambina che nasce ha una madre e un padre che desiderano che possa godere degli stessi diritti e delle stesse opportunità di un figlio maschio Ricordiamoci sempre che siamo un’umanità unica: questo secondo me è il messaggio importante e, d’altronde, il nuovo femminismo deve farsi portavoce in un sistema sempre più globalizzato, ma anche atomizzato. Dietro a questi schermi siamo ciascuno nella propria solitudine, quindi abbiamo tutto se vogliamo ma, al contempo, ognuno porta avanti una piccola battaglia solitaria. L’appello che io farei è di lavorare ciascuno nella propria realtà e, quindi, all’interno della propria famiglia, del gruppo di amici o della propria classe, affrontando un certo tipo di temi, perché è lì, nel confronto, che si produce evoluzione per tutti.
Su questo vorrei consigliare un bel libro: “L’Atlante delle donne” è un testo bellissimo, ricco di infografiche; lo propongo soprattutto agli uomini, in realtà, perché dà una visione d’insieme delle donne nel mondo, ma mostra anche a che punto siamo, rispetto alla dimensione di famiglia, di matrimonio, di diritti e di discriminazioni.
Un altro libro molto interessate è “Bastava chiedere”, un fumetto. Vi è mai capitato di sentite le vostre mamme stanche sentirsi rispondere dal partner che sarebbe bastato chiedere aiuto? In realtà ciò che avviene normalmente è che la donna ha, oltre che il proprio lavoro, un carico di incombenze, dal fare la spesa al chiamare l’idraulico: tutte questi impegni tendenzialmente sono demandati alla donna. Ecco, finché nella pratica quotidiana, anche nel nostro piccolo della famiglia, non riusciamo ad avere questa parità, possiamo "i "Indossare" tutti gli slogan che volgiamo, ma la meta è ancora lontana.
P. Piccinelli
Immagine nell'articolo:O. Spalmach, La cascata delle Oceanidi, York House, Twickenham, 1909 ca.
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