Intervista a Maria Grazia Giacomello
Alessandra Bugatti, della redazione di Carliweek, intervista la prof.ssa Maria Grazia Giacomello (di seguito MGG)
Sul nostro canale Youtube è disponibile anche la videointervista completa!
AB: Secondo lei, quali sono gli svantaggi e i vantaggi della didattica a distanza? Cosa le manca della didattica in presenza?
MGG: La didattica a distanza è stata una grossa opportunità in questo periodo di emergenza sanitaria, perché ha permesso di poter fare scuola anche non negli ambienti scolastici. Dopo l’esperienza di marzo, però, questa seconda ondata mi sembra più pesante. Prima era l’unico modo per poter mantenere una relazione con la scuola e anche per i ragazzi è stata in un certo senso accettata più volentieri perché era il ponte che li teneva legati alla socialità, al loro ambiente, alla scuola e quindi hanno trovato continuità, che noi del Carli, in particolar modo, abbiamo assicurato, senza perdere nemmeno un giorno. Per quanto mi riguarda la didattica a distanza non può assolutamente sostituire la didattica in presenza: quello che mi è mancato moltissimo e che mi manca ancora adesso è vedere i miei alunni dal vivo, sentire i loro brontolii, le loro proteste, le loro urla, vedere gli occhi annoiati di qualcuno e quelli vivaci ed entusiasti di altri, avere una relazione, un contatto fisico con loro. Questo secondo me è fondamentale nel processo di apprendimento perché attraverso anche lo sguardo, attraverso i comportamenti anche non verbali, l’insegnante attento coglie tante sfumature che il mezzo informatico impedisce. Io ho trovato una grossa difficoltà nell’utilizzo del mezzo informatico, perché non mi permette di colloquiare con i miei alunni, di cogliere le loro impressioni, non mi dà la risposta di quello che capiscono e di quello che non capiscono: tutto viene rallentato. Mentre nella quotidianità diretta a scuola tutte queste osservazioni mi aiutano a modellare anche il mio percorso e la mia lezione. D’altra parte ho colto anche delle opportunità, soprattutto per un’insegnante come me che ha tanta esperienza, la didattica a distanza obbliga a una innovazione nella didattica quotidiana, non si può fare scuola a distanza come si fa in presenza. Prima cosa è rigidamente programmata, perché non si può improvvisare; tante volte in presenza la lezione si modella e si modifica a seconda delle reazioni dei ragazzi, che è una cosa positiva da una parte, però può rallentare il programma e ci possono essere altri inconvenienti, quindi mi piacerebbe avere un po’ di didattica a distanza e un po’ di didattica in presenza. La dad con tutte le modalità interattive quando si assegnano lavori particolari, come ad esempio i compiti di realtà agli studenti che possono lavorare per gruppi, si possono coinvolgere e rendere partecipi sono loro quelli che costruiscono l’apprendimento in prima persona. Perciò mi piace questa metodologia, però c’è bisogno assolutamente di avere delle modalità nuove di approccio che non possono comunque sostituire quello che è il bello e l'importanza della didattica in presenza.
AB: Sono d’accordo con Lei, perché da una parte la didattica a distanza toglie l’umanità che si crea in presenza.
MGG: Manca comunque la relazione, è un problema grosso di relazione tra docente e studenti: è l’handicap più grosso della didattica a distanza, perché viene rimodellata la relazione tra docente e discente.
C’è anche la modalità della “classe rovesciata” (flipped classroom), che va benissimo dove ci sono ragazzi in gamba che sono in grado di sostenerla, ma per chi è già in difficoltà ha bisogno del contatto diretto con il docente, della lezione frontale (quando c’è) e chiaramente sono tanti gli strumenti che la scuola tramite la didattica a distanza ti permette di utilizzare (come le videolezioni o le mappe concettuali), però la relazione e il rapporto diretto sono fondamentali.
AB: A questo proposito, cosa migliorerebbe della dad?
MGG: La dad non deve essere mai esclusiva, c’è bisogno di una dad integrata al lavoro in presenza, una dad che, come dicevo prima, ha risolto il problema costituzionale dello studio di questa situazione, quindi è stato un fenomeno decisamente positivo, perché avremmo perso quasi un anno di lezioni.
Però la metodologia di lavoro va studiata attentamente, la didattica deve essere innovativa, ma sempre attenta a creare delle strutture: la mia paura è che l’apprendimento ora sia solo una cosa sporadica che non crea delle competenze solide trasferibili in vari contesti.
Questa didattica richiede comunque una strumentazione particolare: delle connessioni ad internet veloci e costanti e invece (tu lo sai), che quando l’insegnante comincia a chiamare il ragazzino a casa, in quel momento stranamente ha problemi di connessione.
La didattica a distanza richiede assolutamente la “rimessa” perché abbia la rimessa. Cos’è la “rimessa”? È quando l’insegnante assegna un compito, che può essere di vario tipo, e richiede la risposta al ragazzo per poter monitorare il suo lavoro. Però cosa accade, che c’è un problema per quanto riguarda la valutazione (gravissimo problema della dad): non faccio una colpa ai ragazzi, siete adolescenti quindi è chiaro che uno tenta di usare delle scorciatoie, così, però l’insegnante non ha il polso della situazione reale. La rimessa che mi arrivava da tanti ragazzini era quasi di eccellenza quando io ero certissima che questa eccellenza non c’era. quindi la dad richiede, da parte dello studente, maggior senso di responsabilità e maggior maturità che a quell’età non è nemmeno richiesta. Non è pensabile una didattica a distanza per le scuole elementari e medie, è molto difficile a livello di scuola superiore, la vedo invece più possibile nelle università, dove già manca questo rapporto costante con il docente perché, facendo lezione a 300 persone, non ha un contatto diretto con ogni studente.
AB: Perché, come ha detto prima, adesso la viviamo in un modo più pesante rispetto a marzo?
MGG: Adesso la vivo in un modo più pesante e mi pare di cogliere anche nei ragazzi la maggiore difficoltà nel fare didattica a distanza adesso rispetto ad allora, perché prima non c’era alternativa: o si faceva quello o non c’era nessuna possibilità. Adesso c’è maggior apertura e non siamo in quei giorni cupi di marzo e aprile, che abbiamo vissuto in un modo veramente tragico. Non siamo più in quei giorni fortunatamente, quindi direi che il ragazzo ha voglia di tornare a scuola: già noi qui al Carli diamo la possibilità agli studenti di venire un giorno a scuola, e questo permette a loro di fare dei laboratori e di avere un monitoraggio costante (settimana per settimana) del loro lavoro. Il ragazzino ritornando a scuola, vede un ambiente di socialità: non viene qui solo per fare lezione, ma anche per condividere con i compagni le sue esperienze, le sue paure e tutto quell’aspetto di socializzazione che è fondamentale.
AB: Vedendo quello che sta succedendo, Lei ha previsioni per il futuro? A dicembre ci rivedremo in presenza totale?
MGG: Assolutamente no. Bisogna resistere ancora, niente feste perché la Cina insegna, è il luogo dove è nato il virus, ma pare che adesso non ci sia più una seconda ondata. Probabilmente noi abbiamo, durante quest’estate, lasciato correre un po’; c’è addirittura chi dice che questo virus non esiste. Alla fine è chiaro che il giovane fa fatica a capire questo perché se, nella peggiore delle ipotesi, venisse colpito dal coronavirus, poi diventa per lui un’influenza pesante e tante volte si risolve in quello, ma per quanto riguarda le persone a rischio e le persone anziane la situazione è più grave.
AB: Quali sono stati gli impatti della dad su di Lei e sulla Sua vita?
MGG: Per l’insegnante (almeno per me è stato così) è molto più pesante della didattica in presenza e, soprattutto, diventa frustrante nel momento in cui non hai una risposta come vorresti dai tuoi alunni: ti pare di essere scollegata da loro. Quindi lavoro e mi entusiasmo, perché io ogni sfida la accetto con passione e mi ci butto dentro preparando tanto materiale importante e interessante. Ma poi questo lavoro mi sembra quasi vanificato: il problema della valutazione è un problema assolutamente da studiare e da rivalutare. Vedo in generale più tristezza e angoscia: io stessa ho paura e devo cercare di non farmi paralizzare dalla paura, perché ti impedisce di fare e di uscire. Il virus, oltre all’emergenza sanitaria ed economica, ha causato anche un’emergenza umana: sono in aumento i casi di depressione, anche tra gli alunni; ci sono ragazzi che si sentono tutelati chiusi in casa e hanno paura di uscire con tutto quello che è successo. Spero che qui a Brescia, dopo i momenti grigi e bui, si ritrovi un po’ la gioia del vivere insieme, del socializzare, del stabilire delle relazioni anche più profonde con le persone, creare una reale solidarietà, perché se ne parla tanto, ma poi alla fine ci sono tante persone sole con se stesse, in un modo veramente tragico.
AB: Ha un messaggio per gli studenti e i docenti per trovare il lato positivo della didattica a distanza?
MGG: Sfruttiamo la dad come un'opportunità per i docenti di rinnovare la propria didattica e per gli studenti di maturare e avere un’autonomia di gestione anche del loro tempo e per diventare i protagonisti di alcuni lavori. Non c’è solo la lezione frontale: tutte le attività che un ragazzino e che un gruppo di ragazzi possono fare (anche da soli) creano delle competenze più generali.
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