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Writer's pictureDario Gregorini

L’addio a papa Benedetto XVI

Il 2022 è stato un anno caratterizzato da numerosi eventi epocali: abbiamo assistito alla riconferma di Sergio Mattarella come Presidente della Repubblica, all’inizio della guerra in Ucraina, alle elezioni politiche che hanno portato alla nascita del governo Meloni — presieduto per la prima volta nella storia italiana da una donna — e alla scomparsa della regina Elisabetta d’Inghilterra. Il continuo susseguirsi di avvenimenti di tale portata si è poi concluso con la tragica notizia della morte del pontefice emerito Benedetto XVI.


Joseph Ratzinger nacque in una famiglia di umili origini a Marktl, piccolo comune situato nel cuore della cattolicissima Baviera, il 16 aprile del 1927. Dopo aver terminato gli studi, nel 1951 venne ordinato sacerdote e conseguì un dottorato in teologia con una tesi su Sant’Agostino. Acquisì l’abilitazione alla docenza e insegnò in varie università della Germania, tra cui quella di Ratisbona. Fu, inoltre, uno degli esperti che lavorarono accanto ai vescovi durante il Concilio Vaticano II e nel 1977 venne nominato arcivescovo di Monaco da papa Paolo VI. Ratzinger divenne poi cardinale e partecipò ai conclavi del 1978, il cosiddetto anno dei tre papi, in cui la Chiesa fu guidata da Montini, Luciani e Wojtyla. Proprio quest’ultimo, amatissimo dalla comunità cristiana, fu il suo predecessore. Il 19 aprile del 2005 Ratzinger divenne il duecento cinquantaseiesimo papa della Chiesa cattolica e il settimo di nazionalità tedesca, assumendo il nome pontificale di Benedetto XVI. Come motto episcopale scelse di adottare due semplici parole tratte dalla Terza lettera di San Giovanni, «cooperatores veritatis», ossia collaboratori della verità, espressione che fa riferimento al forte legame tra l’impegno di ricerca e di insegnamento del teologo e quello di guida pastorale di vescovo. Benedetto XVI aveva, inoltre, una grande capacità di ascolto ed era in grado di farsi intendere sempre dai fedeli, anche quando nei suoi discorsi trattava di tematiche piuttosto complesse: tale abilità oratoria fu proprio una delle caratteristiche che lo resero celebre e amato. Durante gli otto anni di pontificato compì decine di viaggi, scrisse differenti encicliche e incontrò milioni di persone, malgrado il suo carattere alquanto schivo.


Nell’anno 2013, quando capì che le condizioni di salute e l’età avanzata lo rendevano inadatto a svolgere il ruolo di guida della Chiesa, Benedetto XVI decise di rinunciare al pontificato: tale evento fu estremamente significativo e portò all’elezione di un nuovo papa quando il precedente era ancora in vita. Sebbene Gregorio XII fosse stato l’ultimo pontefice a rinunciare alla propria carica, nel 1415, il «gran rifiuto» di Celestino V viene ricordato ancora oggi poiché fu aspramente criticato da Dante Alighieri. Nella Divina Commedia, infatti, il poeta lo colloca tra le anime degli ignavi, coloro che per timore e viltà non hanno mai osato formulare un proprio pensiero e si sono lasciati influenzare dagli altri: Dante lo biasima per aver lasciato che il suo successore, il feroce Bonifacio VIII, assumesse l’incarico pontificio. Rispetto a tali precedenti storici, la rinuncia di Benedetto XVI fu totalmente differente, poiché non si sviluppò sulla base di alcuna influenza o pressione esterna, ma nacque da una libera scelta del pontefice. Nel corso di un concistoro egli pronunciò alcune parole in latino che riporto in calce e di cui presento la traduzione:


Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio. Dal Vaticano, 10 febbraio 2013.

Nel marzo del 2013 venne nominato il successore di Benedetto XVI, Jorge Mario Bergoglio, divenuto papa Francesco I: per la prima volta nella storia vennero diffuse le immagini di due pontefici che si abbracciano e pregano insieme a Castel Gandolfo. Negli anni seguenti Ratzinger, ormai riconosciuto come papa emerito, condusse una vita piuttosto ritirata, salvo i rari casi in cui fu invitato da Bergoglio a prendere parte a eventi pubblici di particolare rilievo, come l’inaugurazione del Giubileo della Misericordia, avvenuta l’8 dicembre 2015 in San Pietro.



Papa Benedetto XVI benedice i fedeli.


Benedetto XVI è ricordato anche come il «papa verde», poiché spesso trattava di temi legati all’ambiente e all’ecologia. In particolare, il 1º luglio del 2007, nel discorso di saluto al nuovo ambasciatore d’Islanda presso la Santa Sede, il pontefice si pronunciò sulla «fame di energia» che caratterizza i Paesi industrializzati e sulle possibili conseguenze negative che noi oggi stiamo vivendo. Queste tematiche erano per lui strettamente legate al rispetto dei diritti umani: nella sua enciclica Caritas in veritate egli scrisse di un forte rapporto di interdipendenza tra lo sviluppo dell’uomo e i nostri doveri nei confronti della natura e dell’ambiente, anche in un’ottica di riguardo verso le generazioni future. Durante la sua lunga vita, infatti, il papa emerito non esitò a proporre all’umanità intera di rivedere profondamente il proprio modello di sviluppo e di riflettere sul ruolo dell’economia per correggerne le disfunzioni.


Tra i suoi discorsi più conosciuti è annoverata la celeberrima lectio magistralis su fede, ragione e università, pronunciata il 12 settembre 2006 a Ratisbona. Il papa affermò che non fosse solo necessario chiarire il rapporto tra religione e scienza, ma anche rafforzare il dialogo tra le due, in un’ottica di crescita intellettuale e spirituale. Il logos, la ragione, non può contrastare la fede in Dio, poiché agire irrazionalmente significherebbe contraddire la natura divina che è in noi. Si potrebbe scrivere molto altro su quest’uomo eccelso, che fu per giunta il pontefice più longevo della storia. Desidero concludere questo breve excursus sulla vita di Ratzinger riportando le significative parole con cui il papa emerito ha introdotto il proprio testamento spirituale:


Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare. Ringrazio prima di ogni altro Dio stesso, il dispensatore di ogni buon dono, che mi ha donato la vita e mi ha guidato attraverso vari momenti di confusione; rialzandomi sempre ogni volta che incominciavo a scivolare e donandomi sempre di nuovo la luce del suo volto. Retrospettivamente vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questo cammino sono stati per la mia salvezza e che proprio in essi Egli mi ha guidato bene.

D. Gregorini

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