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Writer's pictureRedazione di Carliweek

L’origine della vita sulla terra

L’origine della Terra ebbe inizio 4,5 miliardi di anni fa, con la formazione del Sistema Solare, all’interno di una vasta nube di gas e polveri cosmiche. Da questa premessa si originò la Terra, luogo completamente differente da quello che conosciamo oggi. Questa si formò attraverso l’aggregazione di planetesimi, un processo che durò circa 100 milioni di anni. Durante questo periodo non vi era ossigeno nell’atmosfera e le temperature erano estremamente elevate. In più, la superficie del pianeta era un complesso di materia e antimateria incandescente. Il calore proveniva principalmente dalle energie rilasciate dalle frequenti collisioni con planetesimi e dalla radioattività naturale degli elementi presenti all’interno del pianeta. La superficie era caratterizzata da attività vulcaniche costanti che riversavano lava e gas nell’atmosfera primordiale. Tra la concentrazione più densa, ricca e importante di gas sono presenti l’idrogeno, il vapore acqueo, il metano e infine 

l’ammoniaca. 

  

L’attività geologica era molto intensa: le prime formazioni rocciose solide si stavano appena creando, mentre la crosta terrestre si raffreddava gradualmente. Con il progressivo raffreddamento della superficie terrestre, il vapore acqueo presente nell'atmosfera cominciò a condensarsi formando le prime piogge. Nel corso di milioni di anni, queste favorirono la formazione degli oceani, cruciali per l’origine della vita sulla Terra. 

Tuttavia, questa non fu l’unica condizione necessaria per lo sviluppo delle prime forme di vita. Infatti, per creare le cellule, servirono fosfolipidi, acidi nucleici e aminoacidi, che a loro volta si formarono da combinazioni di carbonio, ossigeno, azoto e idrogeno. Anche l'energia del sole giocò un ruolo fondamentale in questo processo. Infatti, le radiazioni solari fornirono l'energia necessaria per rompere i legami dei gas presenti nell'atmosfera primordiale. Questi ultimi, una volta disciolti nell'acqua, si ricombinarono tra loro formando le prime biomolecole, come gli aminoacidi e i nucleotidi. Queste biomolecole si accumularono nell'acqua, creando quello che chiamiamo brodo primordiale. In questo ambiente ricco di composti organici e con l'energia fornita dal sole e dai vulcani sottomarini, le molecole organiche semplici iniziarono a combinarsi in strutture sempre più complesse, che portarono alla formazione delle prime cellule, dando origine alla vita.

Ma come fecero gli scienziati a giungere a questa conclusione?

I primi studiosi nel Seicento credevano nella teoria della generazione spontanea, secondo la quale la vita sarebbe nata in modo spontaneo da materia inanimata, senza la necessità di un’origine biologica preesistente. Successivamente, questa teoria venne smentita da Francesco Redi, che condusse un esperimento mettendo tre pezzi di carne uguali in tre contenitori diversi: uno aperto, uno coperto da un tessuto e l’altro chiuso. Osservando ciò che accadeva, notò che dopo alcune settimane nel primo barattolo, dove l'aria poteva entrare e uscire liberamente, erano presenti mosche che volavano sopra la carne. Nel secondo barattolo, vide invece che gli insetti erano sopra il tessuto, cercando di entrare, attratti dalla carne. Mentre nell’ultimo barattolo, le mosche, non potendo percepire l'odore della carne, non si avvicinavano nemmeno. Con questo esperimento, Redi dimostrò che gli insetti non nascono dalla carne attraverso la generazione spontanea, ma si generano da forme di vita preesistenti. 


Questa teoria fu ritenuta vera fino al 1861, quando Louis Pasteur riuscì a metterla in discussione, tornando a considerare la generazione spontanea. Egli dimostrò l’abiogenesi dei batteri tramite un esperimento. Pasteur prese un’ampolla a collo d’oca e vi mise un terreno liquido ricco di nutrienti, per osservare cosa sarebbe accaduto in tre diverse condizioni. Nella prima, Pasteur sterilizzò l’ampolla riscaldandola, assicurandosi che tutte le forme di vita all’interno del terreno fossero morte. In seguito notò alcuni cambiamenti, ma senza la nascita di batteri. Nella seconda condizione, lo scienziato ripeté tutti i passaggi, ma ruppe il collo dell’ampolla, permettendo a tutte le impurità di entrare. Dopo un po’ di tempo, la soluzione divenne torbida. Nell’ultima condizione, Pasteur inclinò l’ampolla, facendo sì che il terreno entrasse in contatto con la parte sporca del collo, notando così lo sviluppo dei batteri. Con questo esperimento, Pasteur concluse che anche i microrganismi necessitano di un contatto con forme di vita preesistenti presenti nell’aria.



C. Marinelli, A. Rubagotti, A. Vitello, 3ªB

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