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Offensiva del Têt

«Cosa penso della guerra del Vietnam? Personalmente credo… Questi non ne vogliono sapere di guerre ma insomma, io credo che come dire… Hanno fregato la libertà a noi neri e l’hanno data ai musi gialli che non la vogliono; preferiscono essere vivi che essere liberi… Poveri disgraziati.» — Daytona Dave, Full Metal Jacket (1987)

Questa è la risposta che il Marine Daytona Dave, interpretato dall’attore Herbert Norville, dà nel film Full Metal Jacket (1987) ai giornalisti inviati in Vietnam per intervistare i Marines. Ho voluto citarla perché credo che riassuma perfettamente i motivi per cui gli americani abbiano perso la guerra del Vietnam e come mai l’Offensiva del Têt si sia trasformata da una sconfitta militare a una vera e propria catastrofe nazionale. Prima di tornare a citare Stanley Kubrick, però, mi sento in dovere di fare una piccola contestualizzazione storica.

Siamo nel gennaio 1968, durante la presidenza di Lyndon Johnson, presidente che permise agli Stati Uniti un vero e proprio intervento bellico nel sud-est asiatico, senza che però l’azzardo si rivelasse vincente. Si stava avvicinando l’equivalente del capodanno per i vietnamiti, il Têt Nguyen Dan, che viene festeggiato il 31 gennaio. Kubrick ci aiuta a comprendere quale fosse il clima che si respirava tra le fila americane nella scena in cui Il soldato Joker è con i suoi colleghi reporter in una sala riunioni della base americana e vede le scie dei bengala alte nel cielo. Tutti in quel momento stavano commentando i festeggiamenti in cui erano impegnati i vietnamiti, quando all'improvviso arrivano scoppi, detonazioni e le grida di dolore dei soldati colpiti: l’offensiva è cominciata. Ciò che prese veramente alla sprovvista gli americani è che il periodo del Têt Nguyen Dan rappresentava un tradizionale periodo di tregua fra i due eserciti, che consentiva appunto il festeggiamento del capodanno tra la popolazione civile. I soldati americani in quel periodo partivano in licenza e l'esercito non era in stato d’allerta. Per questo motivo l’attacco fu inaspettato ed efficace e provocò inquietudine, destabilizzazione e paura nell’opinione pubblica americana. L’attacco fu sferrato contro due grandi basi militari statunitensi nel nord e causò la morte di molti soldati statunitensi, prospettando come le risorse dei vietcong, anche se inferiori, non fossero da sottovalutare. A sud, molte grandi città vennero attaccate contemporaneamente. L’intera operazione fu percepita come un disastro per le forze statunitensi e una grande vittoria, anche se isolata e non fondamentale strategicamente, per i Vietcong. Il 20 gennaio partì un’offensiva di prova a nord attorno alla base militare USA di Khe San, che venne più volte attaccata e quindi assediata dalle truppe vietcong. A sud l’offensiva iniziò il 29 gennaio in città come Quang Nam, Dalat, Can Tho, con le incursioni di guerriglia della Northern Vietnam Army. L’attacco fu meno incisivo a Saigon, dove peraltro si combatteva strada per strada. I nordvietnamiti sferrarono attacchi al Palazzo Reale e assalti all’ambasciata americana, causando grande scalpore e agitazione oltreoceano. L’opinione pubblica fremeva. L’americano medio si chiedeva perché quel popolo asiatico odiasse tanto i bravi ragazzi americani inviati nel loro paese per liberarli dall’avanzata comunista, mentre il segretario di Stato si scagliava contro i pacifisti accusandoli di disfattismo e ingratitudine verso il sacrificio dei soldati. Il vecchio presidente Johnson, texano di ferro e democratico d’altri tempi, assisteva rattristato alla deriva di odio e contestazione scatenatasi nel Paese, che avrebbe visto di lì a poco morire il reverendo Martin Luther King in aprile e in giugno Robert Kennedy, candidato alla presidenza, in due attentati. Le perdite dell’offensiva del Têt non furono enormi per i soldati americani: è accertato che le vittime nell‘esercito nordvietnamita furono più di dieci volte superiori, e dopo poco tempo tutte le posizioni perse dagli americani furono riconquistate. Semplicemente l’America stava piegandosi ai propri conflitti interni. Henry Kissinger, uomo dei repubblicani, professore ad Harvard, fu uno dei consiglieri del Presidente Johnson per la questione Vietnam, dove si recò per verificare che i rapporti diramati dalla CIA sulla guerra fossero veritieri. All’epoca sembra che consigliasse a Johnson un graduale disimpegno dalle operazioni militari a favore di nuove iniziative diplomatiche. Visto come si comportò l’amministrazione Nixon negli anni successivi, qualcuno ha insinuato che in realtà Kissinger vedesse la bomba come soluzione, come il colonnello Kurtz di Apocalypse Now (1979), ma non venne ascoltato. Voi che ne pensate?


G. Bracconi


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