Siamo soli nell’universo?
Uno degli argomenti più trattati al giorno d’oggi nella ricerca scientifica è sicuramente lo studio dell’universo oltre i confini terrestri. In particolare, una delle scienziate che ha maggiormente affrontato questa tematica è stata l’astrofisica Margherita Hack, che ne ha discusso in molte lezioni universitarie.
Uno dei temi principali da lei dibattuti riguarda la possibile presenza di altre forme di vita nell’universo. Rispondere a questa domanda non è affatto semplice e, per farlo, Margherita Hack ha fatto riferimento a diversi studi effettuati nel corso della storia. Tra i nomi più illustri da lei citati riscontriamo quello di Tito, il quale era convinto che la Luna fosse abitata e che da lì fossero stati gettati i semi che diedero origine all’universo. Allo stesso modo, Giordano Bruno sosteneva la presenza di altrettante terre abitate. Successivamente, Camille Flammarion riteneva che tutti i corpi celesti, comprese le stelle, fossero abitati, poiché non si era ancora a conoscenza della loro incandescenza. Anche Schiaparelli, dopo aver osservato le configurazioni su Marte, ipotizzò l’esistenza di una civiltà tecnologicamente avanzata. Tutte queste teorie furono in seguito smentite da studi più recenti, tra cui quello di James Jeans, secondo cui i sistemi planetari si originano dal passaggio ravvicinato di due stelle, un evento talmente raro da rendere quasi impossibile l’esistenza di altri sistemi planetari conformi al nostro. Questo portava a concludere che la vita extraterrestre fosse altamente improbabile. Tuttavia, con un numero stimato di 400 miliardi di stelle e 100 miliardi di galassie, com’è possibile che non vi sia nessun altro? Uno dei problemi principali era la carenza di prove sull’esistenza di sistemi planetari. Fu nel 1982 che iniziarono le ricerche nello spazio con l’obiettivo di individuare pianeti, grazie a una sonda satellitare lanciata per l’osservazione dell’ infrarosso. Circa una cinquantina di stelle presentavano un eccesso di emissioni infrarosse, portando quindi ad ipotizzare che potessero assomigliare alla nebulosa protoplanetaria che diede origine al nostro sistema solare, e che intorno ad esse potessero esistere pianeti. Uno degli studi più significativi riguarda la nebulosa della stella Beta Pictoris, in cui fu possibile osservare la nebulosa, anche se non si riuscì a identificare un vero e proprio pianeta. La ricerca si spostò dunque su pianeti già scoperti vicini a noi e furono così identificate diverse metodologie per rilevare altri mondi. La prima scoperta di un pianeta extrasolare risale al 1995, e nel corso dei successivi cinque anni furono identificati circa 25 pianeti in orbita attorno a una ventina di stelle.
La questione dell'esistenza di forme di vita nell’universo resta ancora aperta. Le numerose scoperte nel campo della ricerca astronomica hanno infatti riacceso questo dibattito, senza però fornire ancora una risposta definitiva. Inizialmente le ricerche si concentrarono sulla nebulosa protoplanetaria, oggetto astronomico che origina i sistemi planetari. Gli astronomi, di fronte all’assenza di prove conclusive nelle osservazioni iniziali delle nebulose, hanno così intensificato le loro ricerche sui pianeti del nostro sistema solare. Venere, ad esempio, inizialmente considerato un potenziale candidato per la vita, si è rivelato inospitale a causa delle sue temperature estremamente elevate e delle condizioni del suolo. Marte, un tempo ricco di acqua, ha portato a ipotizzare l’esistenza di forme di vita batteriche, e oggi si suppone che nel suo sottosuolo possano esistere forme di vita elementari. Anche Giove, grazie ai dati forniti dalle sonde Galileo, ha rivelato dettagli cruciali sui suoi satelliti Europa e Callisto, suggerendo la presenza di grandi oceani sotterranei, alimentando così la speranza di trovare forme di vita, seppur elementari. Infine, la sonda Cassini ha esplorato Saturno e il suo satellite Titano, che è l’unico corpo del sistema solare con una densa atmosfera, ricca di molecole prebiotiche che potrebbero indicare la possibilità di forme di vita semplici.
Per giungere a queste conclusioni, sono stati utilizzati svariati strumenti e metodi. In particolare, l’astronoma Margherita Hack ha evidenziato l’esistenza di due approcci principali per rilevare la presenza di pianeti attorno alle stelle. Il primo è il metodo diretto, che consiste nell’osservazione diretta dell’immagine del pianeta. Tuttavia, questa metodologia risulta ancora imprecisa a causa della mancanza di strumentazione adeguata, anche se in futuro, con strumenti più avanzati, potrebbe essere possibile migliorare questa tecnica. Il secondo approccio comprende diversi metodi indiretti, ognuno dei quali sfrutta particolari fenomeni astronomici per dedurre la presenza di un pianeta. Il primo metodo consiste nel misurare le oscillazioni della stella sulla volta celeste, che è poco praticabile poiché è necessario che tra il pianeta e la sua stella intercorra una breve distanza. Un altro approccio è quello di misurare le variazioni di velocità di una stella luminosa, osservando come la luce viene dispersa attraverso degli specchi; anche se la distanza non è rilevante, è difficile trovare stelle molto lontane e sufficientemente luminose. Un ulteriore metodo consiste nel misurare le perturbazioni della velocità radiale di una stella, basandosi sull’effetto Doppler, che causa cambiamenti apparenti nella frequenza della luce osservata. Infine, c'è il metodo che misura la diminuzione della luminosità della stella quando un pianeta passa davanti al suo disco; questo è un approccio complesso, poiché richiede di osservare il passaggio esatto del pianeta davanti alla stella. In aggiunta, per individuare la presenza di intelligenze extraterrestri è stato avviato il progetto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), il quale si concentra sull’osservazione periodica di stelle di tipo solare alla ricerca di segnali elettromagnetici modulati provenienti da possibili civiltà extraterrestri. Infine, un altro strumento utilizzato a questo scopo è l’equazione di Drake, che tenta di stimare il numero di civiltà avanzate nella galassia. Questa equazione tiene conto di vari fattori, tra cui il tasso medio di formazione delle stelle e la probabilità che su queste terre si sviluppi vita intelligente e tecnologicamente avanzata.
In sintesi, nonostante le esplorazioni spaziali abbiano rivelato ambienti potenzialmente favorevoli alla vita elementare, non esistono ancora prove definitive dell’esistenza di civiltà extraterrestri simili alla nostra. Tuttavia, la continua evoluzione degli strumenti e delle metodologie di ricerca potrebbe portare a nuove scoperte che potrebbero finalmente rispondere a una delle domande più allettanti dell'umanità: siamo soli nell'universo?
E. Bertoli, I. Shmili, 3ªB
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