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Un leader, un politico, un futuro

Gregorio Consolandi

Un Paese vive bene laddove bene fa la sua politica. Come siamo messi nella nostra bella Italia? Abbiamo politici di lungo corso e facce nuove, ma non sempre agiscono per il bene comune e, tra loro, il numero degli indagati per vicende di ogni tipo è crescente. Badate bene: finché non vi è condanna nulla cambia, ma sul giudizio dell’elettorato ciò certamente pesa. In un paese come il nostro che gode di un sistema democratico, come scegliere chi ci rappresenterà nel governo, nel parlamento, nella giunta…? Quali sono le caratteristiche da tener presenti per avere un buon rappresentante politico? Ci sono, a mio parere, almeno cinque aspetti da considerare: l’ascolto, la coerenza, la coscienza, la scienza, la capacità di rendere conto del proprio operato. Bene, cari lettori, vorrei esaminare con voi questi elementi.


L’ascolto – È fondamentale per capire cosa desiderino gli elettori, quali siano i loro interessi, i loro umori. Un buon politico deve sapere ascoltare. L’ascolto dovrebbe lasciare spazio anche al confronto dialogato. Ad esempio, il candidato potrebbe anche contraddire i suoi elettori, spiegando che ci potrebbero essere scelte migliori per affrontare alcune questioni. È in queste occasioni che il politico impara l’arte della conciliazione.


La coerenza – Il rappresentante deve tener conto di quanto ha appreso o presentato in campagna elettorale. Una volta eletto, deve convincere il suo partito a portare avanti quelle istanze per le quali si è impegnato davanti ai propri elettori. Possono poi accadere dei fatti che richiedono decisioni urgenti, su questioni imprevedibili. Penso a cose improvvise o emergenze, ad esempio: alluvioni, emergenza covid eccetera: eventi che richiedono decisioni immediate che non permettono il confronto con l’elettorato. Sarebbe bene però che, dopo aver deciso, un buon politico andasse a spiegare le sue scelte agli elettori.


La coscienza – Se un rappresentante è stato eletto, significa che è stato candidato da un partito o un movimento che ha un suo programma; il politico deve rappresentare anche quello. Un partito democraticamente organizzato permette ad un candidato di prendere anche le distanze da alcune linee partitiche e di spiegarne il motivo, anche quando ciò avviene con un voto in Parlamento. Il dissenso permette di costruire una politica alternativa, utile se la linea politica ufficiale dovesse fallire.


La scienza – Un buon politico deve essere preparato, sia perché ha studiato, sia perché ha acquisito delle conoscenze, sia perché ha consultato degli esperti che possano suggerire delle soluzioni adeguate, anche per affrontare le emergenze. Non è possibile accettare dei politici impreparati, messi sulla poltrona solo perché sanno essere servili al momento giusto.


La capacità di rendere conto del proprio operato – Arriva sempre il momento, che sia a fine legislatura o prima, in cui il rappresentante deve spiegare cosa abbia fatto, cosa non sia riuscito a fare e perché, anche se di solito è colpa dell’opposizione! Se un politico è onesto spiegherà anche cosa sia stato fatto male. È in questa fase che il politico cerca di convincere l’elettore a votarlo di nuovo. Può capitare che una parte dell’elettorato resti deluso da azioni intraprese dal proprio candidato; perciò, sarebbe bene cercare di raggiungere sempre anche altri gruppi di elettori, rappresentando tutto l’elettorato, non solo una parte, con la speranza che si possano guadagnare altri voti che compensino quelli persi.


Un rappresentante intelligente ed esperto, capace di capire cosa vogliono gli elettori, in grado di agire con coscienza e scienza, di conciliare con il proprio partito e presentare un onesto resoconto del suo operato, va premiato, e per questo motivo sarebbe controproducente mettere limite ai mandati. Viceversa, chi non sa fare ciò andrebbe mandato a casa, senza permettergli di sostare sulla poltrona per innumerevoli legislature, come purtroppo capita, a volte, nel nostro Paese.


G. Consolandi

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