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Buchi neri e il paradosso dell’informazione

I buchi neri sono tra gli oggetti cosmici più misteriosi. Dal pronostico della loro esistenza nel 1916 da parte di Albert Einstein ai sofisticati calcoli di Stephen Hawking negli anni settanta che diedero inizio a una nuova branca della fisica a loro preposta, rimangono ancora senza risposta una moltitudine di domande riguardo alla loro natura interiore. In pochi, però, sospetteranno una connessione tra i distanti buchi neri e un concetto così quotidiano come l’informazione, tanto meno un vero e proprio paradosso che li vede in profondo conflitto. Eppure c’è, e per illustrarlo bisogna partire dalle basi.


I buchi neri sono particolari regioni dello spaziotempo, ovvero della struttura elementare dell’universo, che originano della concentrazione di un’enorme quantità di massa in uno spazio inverosimilmente piccolo. Questo determina una estrema deformazione dello spaziotempo da cui deriva un’elevata attrazione gravitazionale, capace perfino di catturare la luce, il che conferisce loro il colore nero. Sono costituiti da due luoghi fisici essenziali: l’orizzonte degli eventi, una superficie sferica oltrepassata la quale niente può più tornare indietro, e la singolarità, un punto di infinita densità al centro del buco nero, di cui poco è noto. I buchi neri, dunque, inghiottendo energia dall’esterno, crescono in massa per dare spazio al materiale in ingresso. E fino agli anni settanta, tralasciando dettagli aggiuntivi, la teoria si fermava qui. Tuttavia, grazie al contributo del celebre fisico Stephen Hawking, ora sappiamo che i buchi neri, attraverso un processo complesso dovuto a particolari caratteristiche del vuoto quantistico, evaporano nel corso di un straordinario lasso di tempo, nell’ordine di dieci seguito da sessantasette zeri anni per un buco nero di media massa. La materia inizialmente diversificata che contengono i buchi neri viene gradualmente restituita al resto dell’universo sotto forma di un tipo di radiazione, detta di Hawking, apparentemente priva di informazione sulla propria origine. Per proseguire l'esposizione, serve ora introdurre l’altro attore del paradosso: l’informazione quantistica.


Un postulato fondamentale della meccanica quantistica, la scienza che studia il regno del microscopico, è il cosiddetto principio di unitarietà, il quale costringe le equazioni che descrivono l'evoluzione di stati quantici, come quella di Schrödinger, di cui ho brevemente trattato in un articolo precedente [1], a generare una distribuzione di probabilità la cui somma sia pari a uno. Dimostrata conseguenza di tale condizione è che due stati quantici devono rimanere indipendenti l’uno dall’altro per mantenere il corretto totale delle probabilità, il che significa che gli stessi stati non possono evolvere nel medesimo stato quantico finale. A sua volta, questo fatto determina che — ed è questo che è specialmente rilevante per il paradosso che a breve espliciterò — nell’universo, in maniera analoga all’energia, l’informazione quantistica deve essere conservata. Per informazione quantistica si intende l’informazione, o la collezione sistematizzata di dati, relativa allo stato di un sistema quantistico, che può essere una singola particella, un atomo o anche l’intero universo. La conservazione di tale informazione, che è rispettata anche nel caso si collocasse in regioni dell’universo inaccessibili a noi, come i buchi neri, rende possibile conoscere almeno in linea di massima lo stato di un sistema quantistico con tutte le sue proprietà in un qualsiasi istante di tempo, nel futuro o nel passato, e quindi anche risalire alla sua origine.


Dopo una lunga introduzione, il paradosso dovrebbe essere perlomeno intuibile. Infatti, finché i buchi neri mantengono dentro di sé l’informazione, quest’ultima continua a esistere; ma la radiazione di Hawking emessa dai buchi neri, non presentando alcuna informazione quantistica utile a decifrare la natura della materia entrata negli stessi, sembra violare il principio di conservazione dell’informazione. Le opzioni per risolvere il paradosso sono pertanto due: accettare che l’informazione quantistica possa essere persa irreversibilmente, che necessiterebbe un’impraticabile revisione dei principi fondamentali della meccanica quantistica, oppure trovare un modo attraverso cui possa continuare a esistere. E per la seconda opzione non vi è scarsità di idee. Una prima teoria, sostenuta da Hawking per molti anni, postulava che l’informazione dentro a un buco nero rotante venisse trasferita in un nuovo universo a sé stante attraverso un cunicolo spaziotemporale, detto wormhole, venendo in questo modo preservata. Dall’altro lato del dibattito, altri fisici, tra cui John Preskill e Leonard Susskind, ipotizzavano che l’informazione venisse in qualche modo “impressa” sulla radiazione di Hawking stessa e rimanesse nel nostro universo.


Una teoria promettente, sviluppata dal fisico Gerard ‘t Hooft, la quale sfrutta il principio della complementarità dei buchi neri, secondo cui non è possibile conoscere simultaneamente l’interno e l’esterno di un buco nero nella stessa maniera, congettura che la realtà tridimensionale interna di un buco nero possa essere interamente descritta da interazioni sulla sua superfice bidimensionale priva di gravità. Ciò è noto come il principio olografico, uno dei fondamenti delle molteplici teorie delle stringhe, che mirano a descrivere la gravità a livello quantistico. La materia sarebbe quindi impressa su questa superficie in un modo che potrebbe influenzare la radiazione di Hawking, conferendole tutta l’informazione sulla materia. Numerosi studi recenti sembrerebbero puntare in questa direzione, facendo inoltre collegamento con il fenomeno dell’entanglement quantistico, la cui descrizione necessiterebbe un intero altro articolo. In particolare, l'implicazione più generale su una potenziale teoria quantistica della gravità potrebbe essere che l’intero universo sarebbe in verità una proiezione su una struttura bidimensionale, o una specie di ologramma, rovesciando completamente la nostra concezione della realtà. Tuttavia, come succede spesso nel mondo scientifico, la discussione rimane accesa e non vi è ancora pieno consenso accademico. È senz’altro affascinante come da un singolo paradosso possano emergere una varietà di approcci matematici, e come tutti questi ambiscano a intrecciare concetti diversi per giungere all’obiettivo finale: una teoria del tutto.


S. Gallina


Note


Fonti

Musser, G. (29 ottobre 2020). The Most Famous Paradox in Physics Nears Its End. Quanta Magazine. www.quantamagazine.org/the-most-famous-paradox-in-physics-nears-its-end-20201029.

PBS Space Time. (20 giugno 2018). The Black Hole Information Paradox [Video]. YouTube. www.youtube.com/watch?v=9XkHBmE-N34.

PBS Space Time. (23 maggio 2018). Why Quantum Information is Never Destroyed [Video]. YouTube. www.youtube.com/watch?v=HF-9Dy6iB_4.


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