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Dante e i canti politici della Divina Commedia

Il pensiero politico di Dante è esposto nel saggio del Convivio, nel trattato in latino del Monarchia, in parecchie Epistole, anch’esse scritte in latino, e in alcuni canti della Divina Commedia. I sesti canti delle tre cantiche affrontano la tematica in cerchi concentrici, dall’ambito comunale, a quello nazionale, all'ultimo universale.


Nel canto VI dell’Inferno, quello dei golosi, per bocca di Ciacco (irriconoscibile per le pene che subisce), cittadino di quella Firenze in cui «l’invidia è tanta già che trabocca il sacco», sono tracciati gli avvenimenti che sconvolgono Firenze dal 1300 al 1302 (dei quali fu vittima lo stesso Dante) a causa delle tre faville che hanno acceso i cuori dei fiorentini, cioè la superbia, l’invidia e la cupidigia.

Nel canto VI del Purgatorio, quello della dura invettiva alla «serva Italia di dolore ostello», è Sordello da Goito, “mantoano” come Virgilio, a simboleggiare l’amore per il suolo nativo. In esso viene tracciato un quadro vivo e commovente delle condizioni d’Italia nel XIV secolo, dilaniata dalle guerre intestine e dalle lotte che vedono le une contro le altre armate sia le città marittime, sia di terra ferma.

Nel canto VI del Paradiso, infine, rivivono le vicende dell’Impero, simboleggiato dall’Aquila imperiale ed espressione diretta della volontà di Dio. Questo è l’unico dei cento canti della Commedia in cui a un solo personaggio, Giustiniano appunto, Spirito attivo nel cielo di Mercurio, è consentito tenere la parola dal primo all’ultimo verso, a significare che l’epopea dall’imperatore “narrata” da quando Pallante morì per dare un regno all'«uccello di Dio»,interpreta l’ideale politico di Dante.


I canti VI delle tre cantiche della Divina Commedia, secondo il metodo del parallelismo compositivo, hanno tema politico e condannano le lotte di fazione in tre ambiti progressivamente sempre più estesi: in Firenze, in Italia, in Europa. Evidentemente la scelta dei canti VI ha un significato, data la non casualità del numero nella cultura medievale. Si può azzardare un’ipotesi: se per Dante 9 è numero “divino”, a indicare l’effetto ordinatore della Trinità, il suo rovescio 6, ripetuto tre volte, sarebbe il numero dell’Anticristo, a evocare gli effetti del demonio, il disordine e l’ingiustizia. Il numero 6, tuttavia, potrebbe anche indicare l’opposto: multiplo di 3, numero trinitario, sarebbe il numero dell’ordine, di una futura società sotto il segno della giustizia. Si ricordi che il “sesto” in Dante è il compasso, strumento che materializza l’ordine geometrico, per Ugo di San Vittore, il 6 richiama l’ordine della creazione, avvenuta, appunto, in sei giorni.

Cesare fui e son Iustiniano Paradiso, canto VI, v. 10

A. Bugatti

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