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«Vindica te tibi»

«Vindica te tibi», scrisse notoriamente Seneca nell’incipit delle Epistulae morales ad Lucilium. Letteralmente, «rivendica te a te stesso»; figurativamente, «sii padrone di te stesso».

«Fai così, mio caro Lucilio: renditi padrone di te stesso e il tempo che finora ti era portato via con la forza o sottratto con la frode o che ti sfuggiva di mano raccoglilo e conservalo. [...] Mentre essi differiscono gli impegni, la vita ci passa davanti. Tutto, Lucilio, è al di fuori dell’uomo: solo il tempo è nostro. [...] Il tempo è l’unico bene che nemmeno una persona riconoscente può restituire.» — Seneca, Epistulae morales ad Lucilium (traduzione di Carlo Carena)

L’opera delle Epistulae, successiva al ritiro a vita privata di Seneca, si ripropone di esplorare la conoscenza individuale alla luce della filosofia; in effetti, il saggio stoico si prefigge l’obiettivo di concretizzare la filosofia, sia a livello pragmatico sia a livello pratico. Il destinatario è Lucilio, un giovane cavaliere dalla carriera promettente, sensibile alla letteratura e alla filosofia. Il modello che segue, invece, sono le epistole filosofiche di Epicuro agli amici-discepoli; la scelta è strettamente collegata all’obiettivo stesso dell’opera, poiché consente di stabilire un’intimità quotidiana con i discepoli e di agganciare gli insegnamenti a circostanze concrete.


L’epistolario, concepito fin dalla prima scrittura alla pubblicazione, è stato inteso da Seneca come uno strumento atto a beneficiare i posteri e a guidare Lucilio; in ogni suo esempio, è la quotidianità ad offrire spunti di riflessione morale. Le tematiche affrontate al suo interno sono molte e differenti tra loro, ma sicuramente le più interessanti sono due: la filosofia come via verso la sapientia, intesa come strumento di lotta contro desideri e impulsi irrazionali e l’affrancamento della bramosia sia delle ricchezze sia del potere; e la fugacità della vita, che comporta la necessità di esercitarsi a morire (meditatio mortis).


Nonostante la vastità delle tematiche, tutte possono essere ricondotte a un preciso obiettivo stoico: la padronanza di se stessi. Seneca, il saggista stoico per eccellenza, inizia questa sua opera proprio con questo stesso insegnamento: paradossalmente, però, è la lezione ultima che il lettore apprenderà gradualmente, lettera dopo lettera.


I. Consolini


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