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Writer's pictureAlessandra Bugatti

Elezioni Presidente della Repubblica 2022: Sergio Mattarella

Il 31 gennaio 2015, a seguito delle dimissioni dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, venne eletto l’Onorevole Sergio Mattarella, che, alla fine del suo settennato — dopo otto scrutini — il 29 gennaio scorso è stato nuovamente eletto Capo dello Stato dai Grandi Elettori.

Nato a Palermo il 23 luglio 1941, Sergio Mattarella, dopo una proficua carriera accademica, inizia il suo percorso politico nel 1983, quando viene eletto deputato della Democrazia Cristiana, posizione che mantenne fino al 2008. In questi anni ha preso parte nella Commissione Affari costituzionali, nella Commissione Affari esteri e nel Comitato per la legislazione, nella Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, nella Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e le stragi, nella Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia e non solo. Inoltre, dal 1987 al 1989 è stato ministro dei rapporti con il Parlamento, e fino al 1990 è stato ministro dell’istruzione, dando il suo contributo attivo attraverso una riforma della scuola elementare. Dalla fine del 1998, è stato vice Presidente del Consiglio, fino al dicembre dell’anno seguente, quando è diventato ministro della difesa. In questo periodo è stata approvata la legge che ha abolito la leva militare obbligatoria e quella che ha reso l’Arma dei Carabinieri una forza armata autonoma. Nel 2008 non si candida e conclude così la sua attività politica. Nel 2009 è stato eletto componente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e, nell’ottobre di due anni dopo, giudice costituzionale.

Dopo il suo primo mandato, che si sarebbe concluso all’inizio del mese di febbraio, è stato rieletto Presidente della Repubblica dopo otto scrutini con 759 voti (secondo, nella storia della Repubblica, solo a Pertini). Il 3 febbraio scorso ha prestato giuramento al Parlamento per il suo secondo mandato.


Nel suo messaggio, il Presidente Mattarella ha affrontato molti temi, partendo dalla situazione di incertezza che il nostro Paese sta affrontando. A seguito di diversi momenti difficili dovuti anche alla crisi economica che stiamo vivendo, il Presidente invita tutti i cittadini e le cariche più importanti dello stato a cooperare e impegnarsi affinché la ripartenza possa essere un punto saldo di riferimento per la costruzione del futuro dell’Italia.

«Lo spirito di iniziativa degli italiani, la loro creatività e solidarietà, lo straordinario impegno delle nostre imprese, le scelte delle istituzioni ci hanno consentito di ripartire [...] ma questa ripresa, per consolidarsi e non risultare effimera, ha bisogno di progettualità, di innovazione, di investimenti nel capitale sociale, di un vero e proprio salto di efficienza del sistema-Paese. [...] I tempi duri che siamo stati costretti a vivere ci hanno lasciato una lezione: dobbiamo dotarci di strumenti nuovi per prevenire futuri possibili pericoli globali, per gestirne le conseguenze, per mettere in sicurezza i nostri concittadini.»

L’obiettivo che abbiamo davanti è quello di rendere l’Italia «più giusta, più moderna», ma per portarlo a termine è necessario basare le nostre azioni sull’unità e la democrazia.

«Non possiamo accettare che ora, senza neppure il pretesto della competizione tra sistemi politici ed economici differenti, si alzi nuovamente il vento dello scontro; in un continente che ha conosciuto le tragedie della Prima e della Seconda guerra mondiale. [...] I regimi autoritari o autocratici rischiano ingannevolmente di apparire, a occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici, le cui decisioni, basate sul libero consenso e sul coinvolgimento sociale, sono, invece, ben più solide ed efficaci.»

Un’Italia più giusta e moderna presuppone anche l’assenza di disuguaglianze territoriali e sociali, che garantirebbe una coesione della popolazione, per la quale i partiti «sono chiamati a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali».

«Affinché la modernità sorregga la qualità della vita e un modello sociale aperto, animato da libertà, diritti e solidarietà, è necessario assumere la lotta alle diseguaglianze e alle povertà come asse portante delle politiche pubbliche.»

Come sottolinea il Presidente, infatti, buona parte della popolazione femminile è esclusa dal lavoro (marginalità che comporta un rallentamento dello sviluppo economico del nostro Paese), la maggior parte dei lavoratori giovani hanno lavori precari ed è importante ascoltare le proposte degli studenti, che hanno sulle loro spalle la responsabilità del futuro che li aspetta.

Oltre ad altri temi importantissimi, il Presidente conclude il suo discorso analizzando in tutte le sue sfaccettature la parola “dignità”. Dignità significa «azzerare le morti sul lavoro», «opporsi al razzismo e all’antisemitismo», «impedire la violenza sulle donne», «diritto allo studio», «contrastare la povertà», «non dover scegliere tra lavoro e maternità», vivere in un Paese «dove le carceri non sono sovraffollate» e «libero dalle mafie, dal ricatto della criminalità, dalla complicità di chi fa finta di non vedere».

Molti articoli e titoli di giornale, in merito a questo ultimo passaggio, scrivono — per attirare l’attenzione dei lettori — «Il Presidente Mattarella ha detto che l’Italia è un Paese indegno». Rileggendo il suo discorso non ci sono momenti in cui Mattarella abbia denunciato la situazione dell’Italia come indegna, direttamente. Dandoci una definizione più che completa di ciò che significa “dignità”, sappiamo per certo che l’Italia non corrisponde a nessuna delle caratteristiche elencate: le molteplici morti sul lavoro, gli eventi di razzismo, i femminicidi, l’alto tasso di abbandono degli studi tra i giovani, alcune carceri con un sovraffollamento che si avvicina al 200% e le organizzazioni mafiose e criminali che sono presenti in Italia ci allontanano sempre di più dalla definizione di Paese “degno”.

«Ecco, noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica. Viva la Repubblica, viva l’Italia!»

A. Bugatti

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