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Writer's pictureDario Gregorini

Il ruolo dell'intelligenza artificiale nel progresso dell’umanità

Nelle scorse settimane il Future of Life Institute, un’associazione che mira a ridurre i potenziali rischi che minacciano lo sviluppo dell’umanità, ha pubblicato una lettera aperta che ha destato grande preoccupazione nella comunità scientifica; nel testo, infatti, si espongono dettagliatamente le ragioni per cui è assolutamente necessario limitare lo sviluppo, ormai oltremodo incontrollato, dell’intelligenza artificiale.


Al contrario di quanto si potrebbe pensare, tale documento è stato sottoscritto anche da veri e propri esperti del settore informatico, noti persino a livello globale. Si tratta di personalità come Steve Wozniak, cofondatore di Apple, Jaan Tallinn, che contribuì allo sviluppo del programma Skype, ed Elon Musk, miliardario e cofondatore, peraltro, di OpenAI, un ente non-profit di ricerca nel campo tecnologico. È innegabile, dunque, che la questione non preoccupi soltanto i nostalgici delle macchine da scrivere e della carta stampata.


Nella lettera viene richiesto alle aziende del settore di interrompere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale fino a quando non sarà possibile esercitarvi un maggiore controllo. L’introduzione di vere e proprie menti digitali nella nostra vita, infatti, rappresenta un rischio concreto per l’intero sistema democratico: da anni, ormai, i dibattiti e le discussioni non avvengono più in alcun luogo fisico, poiché l’universo dei social media è divenuto l’agorà della società contemporanea. Mentre in passato il mondo dell’informazione era gestito — e talvolta manipolato — da soggetti o regimi noti, di cui si conosceva la linea editoriale, al giorno d’oggi tale certezza sta rapidamente svanendo; per di più, con l’avvento dell’intelligenza artificiale vi è il rischio che la coscienza popolare venga posta sotto l’arbitrario controllo delle macchine. Queste, infatti, potrebbero diffondere notizie false sui social media, generando una serie di tragiche conseguenze per l’umanità intera. A titolo esemplificativo, è bene presentare il caso della pubblicazione di una fotografia che raffigura il presunto arresto dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Sebbene fosse stata realizzata da un programma di intelligenza artificiale, tale immagine ha suscitato violente reazioni nel popolo statunitense.


Bisogna considerare, inoltre, che la questione legata a ciò che crediamo di sapere e alla veridicità delle informazioni che riceviamo è sempre stata uno degli interrogativi principali della storia della filosofia, intesa come scienza del pensiero umano. Più di duemila anni fa, infatti, nel suo dialogo intitolato La Repubblica il filosofo greco Platone teorizzò il mito della caverna, una delle narrazioni allegoriche più significative della storia della cultura occidentale. Il racconto prende avvio con la descrizione delle condizioni di tre uomini incatenati sin dalla nascita alla parete di una caverna: per questa ragione, i prigionieri possono vedere soltanto il fondo della grotta, su cui vengono proiettate le ombre di alcuni operai che lavorano alle spalle degli schiavi. Non avendo mai conosciuto la vita in superficie, questi ritengono ciò che vedono l’unica realtà possibile. Un giorno, però, uno di loro riesce a liberarsi e a fuggire dalla grotta, venendo così a conoscenza del mondo reale: dopo aver scoperto e contemplato le bellezze della natura, l’uomo — allegoria del filosofo, ossia colui che ricerca la verità — decide di tornare nella caverna per avvertire gli altri prigionieri, che rappresentano l’umanità intera. Sebbene lo schiavo ormai libero tenti in tutti i modi di convincerli a fuggire con lui all’esterno, i due stentano a credere alle sue parole e non desiderano essere liberati poiché, conoscendo solo la grotta, ossia la realtà illusoria, non ritengono opportuno sopportare la fatica della salita per ammirare ciò che l’uomo descrive all’esterno. Proprio per questa ragione, in realtà, lo schiavo che si è liberato è destinato a essere ucciso dagli altri due prigionieri: non è un caso che anche Socrate fu condannato a morte dai suoi concittadini ateniesi per aver tentato di liberare loro dalle tenebre dell’ignoranza.


Molti filosofi ancora oggi si domandano quale possa considerarsi la caverna dell’uomo contemporaneo, ossia quella realtà in cui noi ci rifugiamo, ma che non corrisponde al vero. A questo proposito, è innegabile che lo sviluppo di tecnologie capaci di ingannare l’umanità e la nostra percezione della realtà ci condurrà inevitabilmente a una vita vuota e priva di certezze.

Molti secoli dopo, un altro filosofo arrivò a dubitare persino dell’esistenza del mondo esterno, da noi percepibile soltanto attraverso i sensi. Cartesio, infatti, riteneva che l’unica certezza che l’umanità potesse avere fosse l’esistenza dell’uomo in quanto sostanza pensante, concetto sintetizzato nella celebre massima «Cogito ergo sum», «Penso dunque sono». Il filosofo francese, pertanto, giunse a ipotizzare che, poiché i sensi ci ingannano costantemente, tutto ciò che ci circonda è in realtà un’illusione: secondo questa teoria, la vita che conduciamo potrebbe essere soltanto una simulazione virtuale sviluppata da intelligenze artificiali, mentre, nel mondo reale, i nostri cervelli alimentano le stesse macchine che ci controllano, proprio come avviene nella nota saga di Matrix delle sorelle Wachowski.


Tale ipotesi risulta apparentemente irragionevole e fantascientifica, anche se i più recenti sviluppi in ambito tecnologico e informatico lasciano spazio alle preoccupazioni. In particolare, la diffusione di piattaforme di intelligenza artificiale disponibili per utenti in tutto il mondo ha allarmato significativamente la comunità internazionale. Alla luce di ciò, risulta dunque essenziale evitare che si sviluppino fenomeni di disinformazione, che comprometterebbero le condizioni necessarie per una convivenza sociale e civile, già messe a dura prova dall’utilizzo ossessivo dei social network da parte di masse indistinte di cittadini.


A livello operativo, inoltre, ogni sviluppatore di un’intelligenza artificiale dovrebbe provvedere a formare un gruppo specifico, una sorta di comitato etico, per garantire il rispetto delle leggi che tutelano la privacy degli utenti e la sicurezza delle informazioni trasmesse. Proprio a causa della violazione di tali norme, nelle scorse settimane il Garante per la protezione dei dati personali dell’Italia ha disposto la limitazione immediata dell’utilizzo della piattaforma ChatGPT, sviluppata dall’organizzazione statunitense OpenAI. Una decisione tanto drastica è motivata dall’accusa che agli utenti non venga fornita un’informativa che giustifichi la raccolta e la conservazione dei loro dati personali allo scopo di sviluppare gli algoritmi necessari al funzionamento e al miglioramento del programma. Sebbene a oggi OpenAI rispetti il divieto del Garante, la non-profit ha comunque manifestato la propria disponibilità a trovare soluzioni che consentano di ripristinare il servizio in Italia.


Giunti a questo punto, è auspicabile che le compagnie tecnologiche si autoregolamentino in merito alla raccolta dei dati personali degli utenti e a evitare la diffusione di notizie false, così da non compromettere il nostro sistema democratico e il futuro dell’umanità intera.


D. Gregorini

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