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Grace Vermi

La sinestesia nell’uomo e in letteratura

Come si può associare una lettera ad un colore, o come può una parola pronunciata stimolare un gusto? O ancora, com’è possibile che un suono provochi la visione di uno specifico colore? Sembrano situazioni assurde ma chi è in una condizione di sinestesia le vive costantemente, spesso senza rendersene conto e pensando che tutti provino queste sensazioni. Potremmo dunque definire la sinestesia come una sovrapposizione di più sensi, una condizione in cui coloro che ne sono affetti percepiscono lo stesso stimolo contemporaneamente da più di un senso.

Nonostante questo fenomeno sia stato analizzato nel campo delle neuroscienze, ci sono ancora molte questioni da chiarire; a tutt’oggi è difficile stabilire quante persone abbiano a che fare con queste sensazioni, anche se, secondo alcune stime, il numero dovrebbe aggirarsi intorno al 4% della popolazione globale.


I primi studi riguardanti la sinestesia risalgono al 1690 quando John Locke, un filosofo e medico francese, riportò di un cieco che descriveva come «suono di tromba» il colore rosso; successivamente vennero effettuati degli studi che, però, non furono ritenuti rilevanti, perciò questa condizione rimase a lungo un argomento inesplorato. Ricerche attuali dimostrano però che questo fenomeno è associato con alcune alterazioni cognitive, quali, ad esempio, un’elevata empatia che caratterizza principalmente i sinesteti tattili: essi presentano infatti dei neuroni-specchio iperattivi. Sembra inoltre che la sinestesia sia associata, nella maggior parte dei casi, alla creatività e a un’ottima memoria.


Nonostante le specifiche analisi effettuate su persone sinestetiche, le cause di questa peculiare percezione non sono ancora certe. Alcuni studi hanno però rilevato una diversa connessione neurale, non data dalla presenza di più neuroni, ma da una maggiore relazione tra le zone del cervello che si occupano dell'elaborazione delle informazioni raccolte dai cinque sensi.


A volte la sinestesia viene considerata un fenomeno provocato da fattori esterni, come l’assunzione di sostanze stupefacenti o un trauma cerebrale, ma nella maggior parte dei casi è presente fin dalla nascita. Questo processo avviene però in momenti incontrollabili, quindi involontariamente. Tra le cause di questa condizione, la più accreditata è quella che comprende la presenza di un fattore genetico che potrebbe determinare la presenza di questa percezione plurisensoriale.


Sebbene i numerosi studi non abbiano dato risultati certi, il neurologo americano Richard Cytowic è riuscito a definire in maniera generale alcune importanti caratteristiche della sinestesia; tra queste si potrebbe citare l’unidirezionalità, secondo la quale se, per esempio, un suono riporta alla mente un colore, lo stesso colore non evoca il medesimo suono. Questo tipo di percezione è durevole, pertanto una lettera verrà associata sempre allo stesso colore. Cytowic sottolinea inoltre i benefici mnemonici che i sinestetici possono notare dal momento in cui la loro percezione avviene con più sensi simultaneamente: essa, infatti, porterà ad una maggiore memoria dello stimolo esterno.


Benché non ci sia mai stata una chiara suddivisione tra i diversi tipi di sinestesia, ogni genere di percezione ha assunto uno specifico nome; quello più comune è il «grafema-colore», nel quale l'individuo associa una lettera o un numero con un colore. Un’altra interessante categoria di sinestetici è quella lessico-gustativa, che percepisce uno specifico sapore ascoltando una parola. Ci sono moltissime altre forme in cui questo fenomeno si presenta e, nel tempo, molte di esse hanno influenzato alcuni celebri artisti, come Vincent Van Gogh. Il celebre pittore era in una condizione sinestetica chiamata cromotesia, sperimentava cioè una sensazione che associava i suoni ai colori; ciò gli permetteva di creare dei capolavori pittorici ricchi di sensazioni e impressioni che mai erano state sperimentate da altri artisti. Non c’è dubbio, quindi, che la sinestesia abbia grande importanza nel campo delle arti visive, ma ora vorrei soffermarmi sull’impareggiabile influenza che ha avuto nella letteratura, diventando addirittura una figura retorica.


Sinestesia come figura retorica

La sinestesia è una figura retorica nella quale, pur appartenendo a due sfere sensoriali differenti, due parole vengono associate. Un esempio caratteristico di questa figura retorica è Corrispondenze, una poesia di Charles Baudelaire. Segue il testo tradotto in lingua italiana.

La Natura è un tempio dove incerte parole mormorano pilastri che sono vivi, una foresta di simboli che l’uomo attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari. Come echi che a lungo e da lontano tendono a un’unità profonda e buia grande come le tenebre o la luce i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi. Profumi freschi come la pelle d’un bambino, vellutati come l’oboe e verdi come i prati, altri d’una corrotta, trionfante ricchezza che tende a propagarsi senza fine — così l’ambra e il muschio, l’incenso e il benzoino a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi.

In questa poesia Baudelaire utilizza le sinestesie come un mezzo per comunicare i legami non sempre visibili che si trovano nel mondo esterno, perciò il testo si basa su qualcosa di astratto, profondo e percepibile solo da chi ha una sensibilità che permette di osservare e sentire questa fusione di sensazioni. Nelle due terzine l’utilizzo di questa figura retorica rende chiaro come due sensazioni, pur arrivando da due sfere sensoriali differenti, possano unirsi, come nel caso dei «profumi freschi come la pelle d’un bambino»: un fattore olfattivo viene correlato ad una sensazione tattile.


Non bisogna però confondere le esperienze vissute, che possono talvolta influenzare le nostre sensazioni, con la sinestesia. Potrebbe quindi succedere che, nel corso della vita, assoceremo un profumo o un colore con un determinato oggetto o una persona, ma questo non rappresenta sempre una fusione di sensi, ma semplicemente un ricordo passato che riemerge nel presente, associato ad altri nella nostra memoria.


G. Vermi

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